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The Witcher | Recensione

In un mondo abitato da esseri umani, elfi, nani e altre specie magiche, l'equilibrio è sempre instabile. Le razze civilizzate devono infatti convivere con i mostri che li minacciano ed a causa dei quali sono stati creati dei guerrieri mutanti in grado di ucciderli: i witcher.

Ideatore: Lauren Schmidt Hissrich

Attori: Henry Cavill, Freya Allan, Anya Chalotra, Jodhi May, Björn Hlynur Haraldsson, Adam Levy, MyAnna Buring, Mimi Ndiweni, Therica Wilson-Read

Anno: 2019

Paese:USA

Produzione: Platige Image, Sean Daniel Company, Stilking Films

Durata: 60 min

Stato: In Lavorazione


Recensione:

Data di uscita in Italia🗓️: 20 dicembre 2019

Voto: 8/10

Genere📽️: fantasy

Pro🔝: Con la prima stagione di The Witcher Netflix propone una nuova saga fantasy ispirata al mondo ideato da Andrzej Sapkowski, autore polacco divenuto celebre proprio grazie alla saga dedicata a Geralt di Rivia. Una premessa è d’obbligo prima di arrivare a parlare della serie: il mondo di The Witcher è altamente complesso, composto da racconti, romanzi e, non meno importanti, videogiochi. Io sono decisamente una neofita di questo mondo, ma cominciamo col dire che questo primo assaggio, che fa da introduzione a vicende che dovranno essere sviluppate nel corso delle prossime stagioni, è stato sufficiente per motivarmi a leggere racconti e romanzi, quindi un primo punto a favore c’è di sicuro. La prima stagione di The Witcher è basata sulle vicende di tre differenti personaggi, Geralt, Yennefer e Cirilla, destinate ad incrociarsi. Ogni vicenda ha una sua linea temporale che non coincide mai perfettamente con le altre. Parrebbe quasi un’idea di Nolan, ma non lo è. È una strategia narrativa molto complessa che ha pregi e difetti. Partiamo dai pregi, che sono notevoli. I personaggi sono approfonditi. Nonostante risulti difficile a volte capire in che linea temporale ci si stia muovendo, gli approfondimenti sono puntuali e definiscono in modo preciso caratteristiche di base dei protagonisti e raccontano la loro evoluzione con una narrazione che in ogni caso mantiene livelli altissimi, fornendo elementi utili sia a comprenderne le vicende che a definirne la psicologia e quindi le motivazioni all’azione. Altro punto forte della serie è indubbiamente l’ambientazione. Il materiale di origine è polacco e la messa in scena rispecchia perfettamente questo aspetto, con architetture che recuperano molto dagli stili europei, soprattutto dal gotico, ma anche da un certo barocco. Gli spazi esterni non sono mai sconfinati, ma definiti, con foreste nebbiose e plumbee, con distanze che non sono mai insormontabili e quindi con lo stesso concetto di spazio che si comprime in modo a tratti angosciante. La fotografia è attenta, mai sopra le righe, e si adatta perfettamente alle atmosfere trasferendole allo spettatore in modo emotivamente valido. La cgi è alle volte un po’ sotto tono, ma stiamo parlando di una serie tv in cui in realtà i mostri non sono il cuore della narrazione. Sono solo uno dei tanti elementi che muovono l’azione, ma non la definiscono di per sé. I tre protagonisti sono ben interpretati e si nota la cura con cui sono stati selezionati episodi specifici delle loro vite per far emergere la loro complessità. Non mancano scene forti, anche inaspettate, che colpiscono dritte allo stomaco, non tanto per il loro connotarsi come “horror” elemento che qui manca, ma per l’estrema crudezza e mancanza di filtri con cui vengono gettate in faccia allo spettatore. Anche qui, non si tratta di scene gratuite, ma altamente funzionali a preparare anche alle vicende che verranno. Stagione introduttiva, si diceva, ed infatti lo è. Non pretende di spiegare tutto, non pretende di risolvere la confusione dello spettatore, ma getta le basi per un racconto molto più complesso. Insomma, con la prima stagione di The Witcher abbiamo solamente guardato dallo spioncino, in attesa che la porta venga aperta su tutto quello che ancora sembra non tornare. Poi c’è la magia, c’è un modo di regole che è appena stato accennato, ma soprattutto c’è una forte componente legata ad una stretta correlazione fra scelte e destino che si presta ad interpretazioni differenti, su cui è ancora presto esprimere un’opinione. Nel complesso una bella serie, che avrebbe potuto sfiorare il capolavoro. Avrebbe perché purtroppo porta con sé un difetto di base che ha portato ad una netta divisione di opinioni fra gli spettatori, ma resta pur sempre vero che gli aspetti positivi superano quelli negativi, quindi ora si attende la seconda stagione!

Contro❌: abbiamo parlato di un difetto di base. E purtroppo c’è ed è anche importante. Come si diceva The Witcher è solo l’ultima manifestazione di un mondo fantasy e videoludico complesso iniziato nel 1990. La serie precipita lo spettatore inesperto, come me, all’interno di questo mondo, crea linee temporali non identificabili sulla base di alcun criterio visivo o narrativo, lasciando a chi guarda il compito di ricomporre il puzzle. Di per sé non è una brutta idea, ma lo diventa nel momento in cui per chi si avvicina al mondo di Geralt di Rivia per la prima volta è tutto troppo confuso, troppo affollato di eventi che non si sa dove è quando collocare, creando anche problemi nel trovare alcune connessioni tra i personaggi. Questo per quanto riguarda le prime sei puntate. La settima e l’ottava, con il loro compito di far convergere i tre protagonisti nello stesso tempo e nello stesso spazio rendono palese che i chiarimenti arriveranno. Tuttavia per una serie destinata al pubblico Netflix che non necessariamente conosce il mondo ideato da Sapkowski, è un difetto evidente. Una maggiore individuazione delle linee temporali avrebbe aiutato e avrebbe alzato anche il nostro voto. Nell’evidenziare questo difetto, non da poco, ci si deve tuttavia porre una domanda: siamo forse noi spettatori che ormai ci stiamo abituando a materiali che ci vengono forniti pronti all’uso e che quando ci troviamo di fronte ad un prodotto che ci chiede di elaborare in modo complesso ci fermiamo? 

Recensione a cura di Sara Rolle

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