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The Monk and The Gun: quanto conviene questa modernizzazione?

Immagina il tipico uomo del Buthan (Asia orientale) svegliarsi un bel giorno e dopo centinaia e centinaia di anni di costante monarchia, vedere arrivare la democrazia. E cos’è questa tanto desiderata democrazia?

Data di uscita: N.D.

Genere: Drammatico

Anno: 2023

Durata: 107 min

Regia: Pawo Choyning Dorji

Attori: Tandin Wangchuk, Deki Lhamo, Pema Zangmo Sherpa, Tandin Phubz, Tandin Sonam, Harry Einhorn, Choeying Jatsho, Kelsang Choejay

Paese: Buthan, Francia, Taiwan, USA

Distribuzione: Films Boutique

Sceneggiatura: Pawo Choyning Dorji

Fotografia: Jigme Tenzing

Produzione: Jean-Christophe Simon, Hsu Feng, Stephanie Lai, Pawo Choyning Dorji

Casa di produzione: Dangphu Dingphu: A 3 Pigs Production, Films Boutique, Journey to the East Films, Tomson Films, Closer Media, Animandala, N8 Studios, Wooden Trailer Productions

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In queste tre righe, citate su, potrebbe esser descritta la storia di “The Monk and The Gun”, secondo lungometraggio di Pawo Choyning Dorji, candidato agli Oscar 2022 per miglior film in lingua straniera con il suo “Lunana: A Yak in the Classroom”.

Il regista e sceneggiatore buthanese si concentra ora su un’opera satirica nei confronti della modernizzazione di una piccola cittadina del Buthan. Gli abitanti sono sconvolti alla notizia dell’abdicazione del monarca a favore della costituzione della democrazia, che prevede dunque delle prime elezioni in quel luogo. Il problema è che i buthanesi ignorano il significato della parola “elezioni” credendo in un leader singolo che dovesse guidare il proprio popolo senza che venga scelto da loro stessi. Le persone più furbe, nel frattempo, cominciano ad adocchiare una possibilità di “scalata sociale” facendo propaganda per un candidato e ottenendo in cambio una promessa da quest’ultimo in caso di vincita riguardo il miglioramento del proprio status sociale.

C’è, invece, chi ricoprire la tanto influente figura religiosa che si preoccupa di questa situazione e vorrebbe mettere “le cose apposta”, allora il “Lama” chiede al monaco, suo compagno in ritiro spirituale, di procurargli due armi. Il problema è che in Buhtan così come non ci sono le tv, così non ci sono le armi, ma da quando arrivano le tv… insomma, il gioco è chiaro.

Questa modernizzazione è ben narrata dal regista buthanese che ci fa vedere come, in una sequenza straordinaria, la tv inizi ad influenzare le decisioni dei cittadini. Ci troviamo in un bar e il monaco in cerca di armi è seduto lì in mezzo ad un gruppo di persone a vedere un film della saga di 007 in televisione. La meraviglia di certe immagini e suoni sorprendono gli animi del popolo buthanese, ma la bellezza della sequenza non è propriamente all’interno del bar, ma è nella differenza con l’esterno. Se, come detto, all’interno troviamo la tv, la coca cola (chiamata “acqua nera” sempre per ignoranza del prodotto), all’esterno due anziani stanno lavorando il legno o giocando con materiali antiquati. E’ la ripetizione della vita, la circolarità di essa che viene spezzata all’improvviso da un gruppo di giovani con l’intenzione di dare una svolta repentina ad un popolo che repentino non lo è mai stato, ha sempre vissuto la propria Storia con la lentezza più assoluta.

Le due trame allora cominciano pian piano ad incrociarsi, ma con un ritmo perfetto, lo fanno senza che lo spettatore se ne accorga. Se l’istruzione della democrazia procede a fatica, dall’altra parte la ricerca delle armi da parte del monaco non ha migliori risultati.

Ancora tra le sequenze significative bisogna elogiare (e riflettere tanto) come Dorji metta in scena la negatività dell’istruzione della democrazia prendendo in esempio, ovviamente, quella occidentale. Quando due gruppi di persone sono divise in fila, coloro che dovrebbero insegnare a far propaganda per il proprio partito inducono i due gruppi a gridarsi, l’uno sopra l’altro, dicendo proprio esplicitamente di dover “esser maleducati” nel supportare una propria ideologia perché nella democrazia “bisogna disprezzarsi”.

Dall’altra parte il monaco sembra iniziare a trovare delle situazioni favorevoli per la sua ricerca, ma in quel momento arriva nel paesino uno straniero, forse lo straniero per eccellenza, <<un americano>>, affamato collezionista d’armi in cerca di un fucile storico. La differenza tra l’occidentale in continua evoluzione, forte di una società capitalista, e l’orientale, socialmente e storicamente arretrato, non curante del denaro, è espressa con una satira e una morale incredibile. L’americano, infatti, tenta offerte di denaro che un buthanese non ha mai sentito nella propria vita, probabilmente. Se noi occidentali avremmo raccolto ogni singolo centesimo in ginocchio dinanzi l’americano, il buthanese si comporta in maniera opposta: incredulo dell’offerta dice che non può accettarla proprio perché troppo alta.

La questione inchioderà per ulteriore tempo non previsto dallo straniero, che a questo punto può tornare utile al gruppo degli “insegnanti della democrazia”, i quali venendo a conoscenza di un americano nel loro territorio e conoscendo lo stereotipo dell’America come più grande democrazia al mondo gli vanno a chiedere un aiuto per potere istruire i cittadini. Quelli, però, non sanno il paradosso che contraddistingue l’America e l’uomo americano, che in cerca di armi non sembra così tanto democratico e, infatti, afferma anche che nel suo Paese “ci sono più armi che persone”. L’epilogo, forse un po’ didascalico, ma apprezzabile nella sua forma satirica, cercherà di stravolgere tutti i personaggi portandoli ad un equilibrio mai visto fino a quel punto: dai conservatori increduli di possibili elezioni ai “democratici per eccellenza” non democratici.

Possiamo parlare di “The Monk and The Gun” come un film geniale, nella sua comicità, nella sua struttura narrativa e originalità. E’ una forte critica al capitalismo, ma anche contro l’odio e quest’uso apparentemente spontaneo dell’uso di armi. E’ la differenza tra Oriente e Occidente, le loro divergenze e (pochissime) convergenze, l’evoluzione troppo veloce da una parte e una monotonia retrograda dall’altra.

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