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Suburra - Stagione 3 | Recensione e trama

Dopo il tragico suicidio di Lele, incapace di convivere con il senso di colpa generato dai crimini commessi, e l’inaspettato risveglio dal coma di Manfredi, capo del clan Anacleti, gli equilibri di potere tra tutti i personaggi sono di nuovo messi in discussione. La terza stagione si sposta tra le strade e i vicoli di Roma e provincia per raccontare ancora più da vicino il mondo del crimine. Chi vincerà la battaglia all’ultimo sangue per ottenere il potere sulla città?

Dopo il film del 2015 e le prime due stagioni, è disponibile sulla piattaforma di streaming Netflix, a partire dal 30 ottobre, la terza – conclusiva - stagione di Suburra.

Per dare la giusta importanza a questa serie, prima italiana distribuita dal colosso Netflix, abbiamo deciso di cambiare un po’ la tradizione di Nowinthecinema e proporvi una recensione a quattro mani, attenzione però, la recensione contiene spoiler della terza stagione.


Recensione:

Data di uscita in Italia 🗓️: 30 ottobre 2020

Voto: 7/10

Genere📽: criminale

- Trama: 7

Pro🔝: Da sempre pensata dagli autori come una serie televisiva da sviluppare in tre stagioni, vediamo come in questi ultimi episodi, l’intreccio delle vicende arriva a uno snodo conclusivo. Senza la presunzione di tirare per le lunghe una sceneggiatura che avrebbe ancora poco da dire, Suburra riesce nell’intento di concludersi senza lasciare buchi narrativi o risvolti nonsense. Anche i personaggi, di cui parleremo più avanti, sembrano portare a termine il proprio percorso narrativo, senza essere snaturati o peggio, una caricatura di loro stessi.


Contro❌: Ciò che non ci ha principalmente convinto della trama è la sua superficialità e “svogliatezza”: una durata molto breve per una stagione finale che necessitava di maggiore attenzione e riflessione. La prima stagione puntava all’introduzione della vicenda e personaggi, la seconda all'evoluzione dei personaggi e ad una narrativa accattivante, la terza d’altro canto doveva essere “il canto del cigno”: un unicum che univa personaggi consolidati e una storia non forzata che venisse trasportata, per inerzia, dalla forza dialogatrice.


- Reparto tecnico: 6,5

Pro🔝: Con la bellezza sconcertante e senza di tempo di Roma, silenziosa protagonista della narrazione, è facile realizzare una buona fotografia, capace per l’appunto di rende riconoscibile la città, con una regia che per quanto accademica, riesce bene a giostrarsi tra la capitale e le vicende dei personaggi. Primi piani intrinseci di rabbia, ma anche momenti di dolcezza, Roma intervallata da inquadrature dalle dimore, in particolare

quella di Spadino (nella quale il colore oro e un espediente caldo fanno da protagonisti) e di Aureliano (per la quale invece vengono usati spesso colori che ricordano il mare, in stretto collegamento con la famiglia Adami). Ottimo anche il reparto stilistico, di cui i costumi riescono a donare ulteriore caratterizzazione ai personaggi, delineandone con cura lo stile. Menzione alle grandi prove recitative di Alessandro Borghi in primis, di Carlotta Antonelli e Adamo Dionisi, rispettivamente nei panni di Aureliano, Angelica e Manfredi. Buone performance anche per il resto del cast, personaggi secondari compresi.


Contro❌: Questa stagione ha difetti, ma sul lato tecnico non vi se ne trovano, o quasi. Le uniche due problematiche sono relative al sonoro: primo punto è un mixaggio che crea problematiche nel comprendere la scena (tanto che ci ha costretto in alcuni punti di occorrere ai sottotitoli); secondo punto è la mancanza di una rinnovata colonna sonora: il motivo è il riproporre musiche che ci portiamo dietro dalla prima stagione,

temi musicali ben orchestrati e montati ma che a lungo andare diventano ridondanti.


- Sviluppo Personaggi: 7,5

Pro🔝:La storyline di Spadino e Aureliano, a metà tra una rivisitazione post- moderna di Romeo e Giulietta e la leggenda dei fratelli fondatori di Roma, fa da colonna vertebrale a una storia che, per quanto si basi sulla malavita, riesce a regalare uno spiraglio di leggerezza, comicità e amore in un’opprimente atmosfera di morte e violenza. In questa terza stagione vediamo come i due personaggi siano maturati sia a un livello

strettamente personale, sia nel loro rapporto, quasi entrando in simbiosi. Osserviamo come, anche in momenti di massima tensione, prediligano cooperare insieme, invece che scegliere la via meno difficoltosa e separarsi. Interessante anche come l’amore professato da Spadino per Aureliano non sia diventato un espediente narrativo forzato ed eccessivamente mieloso, ma piuttosto si sia evoluto in un profondo, e incredibilmente spontaneo, rapporto di rispetto e amore.

La più grande crescita narrativa però la portano a termine Angelica e Nadia, maturando all’interno di questa stagione una forte alchimia tra i loro personaggi, portando sullo schermo una vera e propria energia di potere femminile, anche qui senza cadere in un politicamente corretto pseudo femminista, e soprattutto rimando fedeli alle anime delle due persone.


Contro❌: Nonostante vi siano numerosi personaggi ben caratterizzati, ci sono, purtroppo, molti problemi: il lato negativo in assoluto è la gestione di Adriano (interpretato da Jacopo Venturiero): colui che poteva rappresentare il Dominus la vera novità della serie, ma che invece viene bollato in pochi minuti, tanto da farlo diventare una semplice comparsata. Il personaggio di Cinaglia, invece, compie una gestione anomala e semplicistica: la sua evoluzione è molto repentina, una modalità che ci lascia perplessi soprattutto perché la trasformazione del suo personaggio la abbiamo apprezzato; la critica che facciamo è sui metodi con cui si è arrivati ad una decisione, un difetto che ha “azzoppato” alcuni personaggi.


- Finale: 5.5

Pro🔝: Fin dall’inizio dei tempi, al confine con il mito, la storia di Roma è stata accompagnata da sangue, morte e violenza. Non ci dobbiamo stupire quindi se è proprio così che Suburra decide di finire la sua narrazione, un sipario triste e angosciante che riflette bene ciò che la serie è sempre stata: una guerra per il potere, e si sa che in quanto tale, una guerra conta sempre più vinti che vincitori.

Il cuore di suburra è riassunto proprio nel finale, in cui l’immancabile violenza della vita che i personaggi hanno scelto (o cui sono stati costretti a scegliere) si spezza dinanzi a un profondo legame di amore e umanità. Se in Suburra il film, avevamo invece visto Aureliano uccidere Spadino, senza alcun rimorso, questa volta le carte si ribaltano, e più che una differenza tra serie e film, vediamo una differenza tra Aureliano Adami e ciò che Aureliano Adami sarebbe diventato senza l’amore (se fraterno o quant’altro poco importa) per Spadino, siamo testimoni quindi di come Aureliano resti Aureliano, senza diventare Numero Otto.


Contro❌: La vera nota dolente della serie: senza pathos, rapida e forzata. Il finale di serie rappresenta una delusione cocente scaturita da aspettative alte, fornite da una buona storia e gestione dei personaggi di alto livello a cui la serie ci aveva abituato. La morte di Aureliano è palesemente forzata, Cinaglia come nuovo “boss” è un retorico colpo di scena che si esaurisce sul momento e un finale che pare più di stagione, che di serie. Un grandissimo peccato che ha lasciato a bocca asciutta i fan volenterosi di un finale all’altezza delle precedenti stagioni - in special modo la superba seconda stagione - capace di emozionare solo come la serie ha sempre saputo fare.

In conclusione, la terza stagione di "Suburra" è un buon prodotto che ben si inserisce nel panorama televisivo italiano, ma che purtroppo si stoppa sul più bello. Una produzione che ci ha intrattenuto e coinvolto con i suoi personaggi ben costruiti e le sue storie coinvolgenti. Fatto sta che tutto ciò si amalgama male con un finale di serie che sbaglia con i metodi per arrivare a un fine; una finalità proiettata sull’amore

e sacrificio, emozioni forti che portano i vari personaggi a compiere i gesti necessari.

Recensione a cura di Linda Giulio e Lorenzo Batocchi

Grafiche a cura di Matteo De Nicolò

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