L'ultimo periodo della vita della grande attrice e cantante Judy Garland, sul finire di una carriera sfolgorante iniziata giovanissima con la Dorothy del Mago di Oz. Un mix di fama e successo, fra Oscar e Golden Globe, e poi la battaglia con il suo management, i rapporti con i musicisti, i fan, i suoi amori tormentati e il dramma familiare che la spinse a fare i bagagli e a trasferirsi a Londra. In quegli anni ci ha regalato alcune delle performance più iconiche della sua carriera.
Anno:2019
Regia:Rupert Goold
Attori:Renée Zellweger, Finn Wittrock, Rufus Sewell, Michael Gambon, Jessie Buckley, Bella Ramsey, Richard Cordery, Andy Nyman, Royce Pierreson, Darci Shaw, Daniel Cerqueira, Lewin Lloyd
Paese:Gran Bretagna
Durata:118 min
Distribuzione:Notorious Pictures
Sceneggiatura:Tom Edge
Fotografia:Ole Bratt Birkeland
Montaggio:Melanie Oliver
Musiche:Gabriel Yared
Produzione:BBC Films, Calamity Films, Pathé
Recensione:
Data di uscita: 30 gennaio 2020
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Voto: 7/10
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Genere: Biografico, Drammatico, Musicale
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Pro🔝: Il regista Rupert Goold porta sul grande schermo gli ultimi sei
mesi di vita di Judy Garland, facendo conoscere allo spettatore sia la diva
ormai in caduta libera sia la donna comune con speranze e disillusioni. Il
film si muove su due linee temporali: nel presente ci viene mostrata una
Judy con in mano solo la polvere di quella stella che fu trent’anni prima,
costretta ad andare in tour a Londra per guadagnare la somma di denaro
necessaria a mantenere l’affidamento dei figli. I flashback ci portano invece
trent’anni indietro fino al 1939, anno in cui la casa di produzione MGM la
scritturò per ricoprire il ruolo di Dorothy ne Il mago di Oz. Attraverso la
memoria di Judy, il regista ci mette al corrente delle vessazioni a cui la
ragazza viene sottoposta e di tutti i lati oscuri dello star system. L’accusa
ad un sistema che si spaccia fabbrica dei sogni ma che è pronto ad
annullare l’individualità e i sogni di una giovane Judy per far nascere la
stella del cinema che il pubblico richiede è diretta ed esplicita.
I segni di quel periodo della sua vita sono ancora presenti nel volto
vissuto e scavato di Judy, nelle sue notti insonni e nel bisogno del consenso
del pubblico. La forza di questo personaggio sta però nella sua volontà di
non arrendersi, nonostante tutto, all’apatia a cui sembrano essere
condannate le star che hanno vissuto così intensamente da non avere niente
da chiedere alla vita. Le numerose delusioni non le impediscono di
prendersi cura con tutte le sue forze dei suoi figli, di innamorarsi ancora, di
essere vicina alla difficile storia di una coppia di fan.
Considerata la centralità del dramma esistenziale della protagonista
e la piccola porzione di tempo di cui il film racconta non è facile
identificare il genere a cui appartiene. Troppa introspezione a discapito
della storia per essere definito un biopic alla Bohemian Rhapsody, di cui
riprende didatticamente la struttura e la chiarezza nell’intreccio propria del
biografico. Più facile invece classificarlo all’interno del variegato genere
drammatico per il ruolo centrale occupato dai sentimenti di Judy. Il
risultato è un mix potente ed efficace ma, soprattutto, funzionale al
messaggio insito nella pellicola.
La regia non esce mai allo scoperto limitandosi ai canonici campo e
controcampo e a numerosi primi piani che permettono allo spettatore di
indagare con una lente d’ingrandimento le pieghe sofferenti del volto di
Judy. Ottimo il lavoro della troupe nell’uso del trucco (candidatura
all’Oscar per il miglior trucco), mai semplice orpello ma specchio
dell’anima della protagonista grazie al rosso acceso del rossetto, simbolo di
una resistenza esistenziale contro i colori freddi che dominano la scena.
Nonostante una scrittura precisa, il peso del personaggio è tutto
sulle spalle dell’attrice protagonista, Renée Zellweger, candidata all’Oscar
per un’interpretazione mimetica memorabile che si fa carico dei dolori e
delle ferite sia fisiche che psicologiche di questa sopravvissuta.
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Contro❌: Un film gradevole che rispetta la figura di Judy Garland
non scadendo mai nel patetismo ma che si aggrappa troppo alla
“trasfigurazione” di Renée Zellweger. Ogni comparto della produzione di
questa pellicola sembra pensato per esaltare l’attrice protagonista, dai primi
piani al trucco, dalla sceneggiatura ai personaggi, semplici aiutanti o
antagonisti rispetto alla figura centrale. Inoltre, la scelta di concentrare la
narrazione negli ultimi sei mesi di vita di Judy, sebbene sia decisiva e
funzionale alla denuncia al sistema hollywoodiano esplicita nel film, risulta
essere un compromesso che priva lo spettatore meno informato e più
giovane di ciò che ha reso immortale la Garland. La sensazione è che senza
la prova attoriale da Oscar della Zellweger il film sarebbe dimenticabile.
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Recensione a cura di Matteo Angelica
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Grafica a cura di Giulia Federici
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