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Day of the fight- un antieroe in cerca di redenzione

Day of the Fight è film d’esordio alla regia di Jack Huston , presentato nella sezione “Orizzonti” all’ottantesima edizione del Festival Veneziano. Una pellicola molto ambiziosa scritta dal regista stesso che ha diviso il pubblico tra chi l’ha amata e chi ne ha notato solo i difetti descrivendola come nientemeno che un mucchio di clichè.


Regista: Jack Huston

Durata: 108 minuti

Sceneggiatura: Jack Huston

Genere:drammatico

Fotografia: Peter Simonte

voto: 8,5/10



Recensione:

Mikey è un pugile appena uscito di prigione che sulle spalle porta il peso della malattia e delle ombre del passato. “Day of the fight” parla della sua storia, scegliendo di porre l'accento sulle vittorie e le sconfitte del pugile non sul ring, ma nella vita. Relazioni umane, perdita, perdono e volontà di redimersi, voltando le spalle alla sua vita precedente che ha insegnato tanto quanto distrutto. “Day of the Fight è la storia di un perdente nella sua forma più essenziale…Uno sguardo onesto e crudele all’esperienza umana…Realizzare questo film è stato un vero atto d’amore che sono felice di condividere”. 


Una pellicola che già dal titolo e dalla premessa si mostra coraggiosa, vista la scelta di prendere spunto dal maestro Kubrick che aveva realizzato, nel 1951, l’omonimo cortometraggio. E’ evidente l’utilizzo di alcuni stilemi classici del genere così come alcuni clichè che a parer mio son ben consapevoli di essere tali e che vogliono solo essere un omaggio a grandi titoli che conosciamo molto bene tra cui più di tutti “Raging Bull”. Parallelismo enfatizzato anche dalla scelta di includere Joe Pesci nel cast, quasi irriconoscibile nei panni del padre del protagonista. Spicca l’interpretazione di Michael C. Pitt che con le labbra rotte e il viso gonfio, indossa i guantoni di un uomo guidato dalla voglia di sconfiggere il passato e ricominciare. Inestimabile anche la presenza davanti alla cinepresa di Ron Perlman, nei panni dell’allenatore, e Steve Buscemi. I personaggi si muovono in una Brooklyn in bianco e nero che appare quasi “elegante” e “raffinata” sotto l’occhio di Peter Simonite con dei contrasti che mirano a scandire le sequenze desolate di un uomo che ha perso tutto, tra le vie della città. Se la fotografia fa da padrone anche la componente sonora ci prova ma a tratti risulta invadente, coprendo dei silenzi che forse erano necessari alla narrazione.



Ciò su cui fa perno il film, non sono le scelte “acchiappa pubblico”, i volti conosciuti del cast, o l’esercizio stilistico, ma i personaggi e il modo in cui si intrecciano nuovamente con Mikey che, uscito di prigione, durante le 24 ore prima dell’incontro decisivo, cerca di ripristinare i rapporti svaniti con il tempo. Complice di questo, un grave incidente che lascerà nel cuore del protagonista una ferita che sanguina ancora a distanza di anni e che per il pubblico rimane un punto di domanda fino agli ultimi minuti di visione.  Una madre assente, un padre malato, un rapporto complicato con la ex compagna e la figlia, una grave malattia; queste sono le vere sfide che Mikey deve affrontare durante  “il giorno del combattimento” sul ring di Madison Square Garden. Un titolo retorico a sottolineare che la vera sfida non è quella sul ring ma la vita di tutti i giorni. il risultato è un KO emotivo se ci si lascia trascinare dalla sensibilità con cui sono stati costruiti i dialoghi e i personaggi durante la fase di scrittura. Quest’ultima non risulta mai forzata e il risultato non è una drammaticità che punta solo alla lacrima, bensì un crescendo dove lo spettatore è guidato da Mikey fino ad essere un tutt’uno con lui.



“Day of the fight” è un film che rispetta le caratteristiche del genere aggiungendo un tocco di sensibilità che lo rende coinvolgente fino all’ultimo secondo e a differenza dei fratelli preferisce non enfatizzare la violenza dello scontro ma la dolcezza del ritrovarsi. 

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