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After 2 | Recensione

Dopo la loro rottura, Hardin (Hero Fiennes Tiffin) e Tessa (Josephine Langford) cercano di andare avanti ognuno per la propria strada. Mentre Hardin torna a perdersi in cattive abitudini, Tessa, forte della sicurezza acquisita, inizia a frequentare lo stage dei suoi sogni alla casa editrice Vance dove attira l'attenzione del suo collega Trevor (Dylan Sprouse), il ragazzo perfetto col quale intraprendere una relazione. Trevor è intelligente, spiritoso, attraente ma soprattutto è affidabile. Tessa, nonostante questo nuovo incontro, non riesce a togliersi dalla testa Hardin. Dopotutto lui è l'amore della sua vita e al di là dei loro fraintendimenti e delle difficoltà, non può negare ciò che prova. Vorrebbe essere in grado di andare avanti per la sua strada, ma non è così semplice. Attraverso gli alti e i bassi della loro relazione, Tessa e Hardin lotteranno per stare ancora insieme anche se l'intero universo sembra tramare per tenerli separati.



Anno:2020

Paese:USA

Durata:105 min

Distribuzione:01 Distribution

Sceneggiatura:Anna Todd, Mario Celaya

Fotografia:Larry Reibman

Produzione:Voltage Pictures


Recensione:

Data di uscita in Italia 🗓️: 2 settembre 2020

Voto: 5- / 10

Genere📽: Romantico

Pro🔝: After 2, film diretto da Roger Kumble, è tratto dal bestseller "After - Un cuore in mille pezzi" di Anna Todd ed è il sequel dell'omonimo film del 2019. Abbiamo lasciato Tessa (Josephine Langford) e Hardin(Hero Fiennes Tiffin) in riva al lago con quella romantica frase con cui lui le dichiarava il suo amore. Il secondo capitolo riprende con Tessa che sembra essere ripartita con la sua vita e con la volontà di inseguire i suoi sogni e con Hardin distrutto dal dolore di aver rotto con la sua amata e alle prese con dipendenza da alcool e da emozioni forti. Una pellicola che nonostante alcuni spunti piacevoli che almeno parzialmente funzionano, ha ben pochi pregi da poter elencare. Partiamo dalla protagonista della pellicola, Josephine Langford. Il suo ruolo di ragazza solare, buona e simpatica è interpretato con discreti risultati. Riuscire a mostrare sofferenza e punte di ironia sincera in un complesso di pochezza narrativa e di dialoghi non era affatto facile. Risultano talmente fastidiose le scene dei due protagonisti insieme, che le vere scene interessanti risultano essere quelle in "ambito lavorativo" con Dylan Sprouse, Candice Accola e Charile Weber che donano un pizzico di ironia e leggerezza ad un film che si prende davvero troppo sul serio. L'ultima nota positiva, che si dimostra essere un arma a doppio taglio, è sicuramente la fedeltà al racconto cartaceo che il regista ha cercato di trasportare sul grande schermo. Tanti sono i dettagli presenti del bestseller originale, accontentando sicuramente quella fetta di fun che si lamentano spesso e volentieri della poca fedeltà dei film con i libri.

Contro❌: in questa sezione invece c'è davvero da sbizzarrirsi, tanto è il materiale negativo di cui poter parlare. Partiamo da dove abbiamo concluso con i Pro, cioè l'aderenza alla versione cartacea del racconto. Se da una parte si pensa di rendere felici i fun del bestseller aggiungendo tanti particolari del libri, dall'altra si rischia di creare una vero e proprio pastrocchio. Non sempre i dettagli di un libro possono essere trasporti sul grande schermo, vista la difficolta di far aderire una narrazione ad un racconto di 2 ore e passa. Nel tentativo di fare ciò, Roger Kumble, ha messo in scena un racconto che perdeva di ogni logica narrativa. Dialoghi no sense, tempi totalmente irrealistici e rapporti interpersonali costruiti nel giro di 5 minuti. Probabilmente però, l'errore più grande nel cercare l'attinenza con il libro, è stato il riprodurre quasi in maniera ossessiva tutte le scene di sesso fra i due protagonisti. Scene di sesso che ovviamente non potevano essere esplicite, visto che i due protagonisti nel film erano entrambi minorenni, ma che producono una quantità di trash che da un po di tempo non si vedeva sul grande schermo. Un "cinquanta sfumature di grigio" o un "365" che non ci ha creduto abbastanza insomma.

Pessima la performance anche di Hero Fiennes Tiffin, che nel disperato tentativo di mostrarsi come un ragazzo distrutto dagli eventi della vita con un lato oscuro sempre presente, mostra tutte le sue difficoltà attoriali, non riuscendo nemmeno per un secondo a risultare credibile.

Un teen-drama che cerca di accorpare tutti i stereotipi possibili inimmaginabili, prendendosi davvero troppo sul serio, con il solo scopo di raggiungere un pubblico adolescenziale e ottenere un risultato facile al botteghino.

Recensione a cura di Matteo De Nicolò

Grafica a cura di Giulia Federici

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