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UNA NUOVA ERA DISNEY

Aggiornamento: 4 mag 2023

“È un vero Walt Disney solo se ha la garanzia di autenticitá e qualitá dell’ologramma argentato...non accettate i falsi...”. Questa è la frase con cui ci ha cresciuti papà Walt, prima della visione dei grandi classici in VHS come spot contro l’anti pirataggio.

Ora che siamo cresciuti peró questa frase risulta ancora attualissima, esiste ancora l’autenticitá? I nuovi remake e live-action sono considerabili come “originali Disney”? Ma soprattutto, conservano ancora quella magia che ci teneva incollati allo schermo?



La casa produttrice ha sempre qualcosa che bolle in pentola e ha in serbo per il pubblico moltissimi titoli, alcuni ancora in fase di rodaggio e altri pronti per la proiezione nelle sale di tutto il mondo.

Tra tutti l’attesissimo Live action de “La sirenetta” in arrivo a Maggio è quello che ha suscitato più polemiche. La protagonista infatti non ha più i capelli rossissimi e la pelle bianchissima e questo ha fatto storcere il naso agli amanti del primo film, datato 1989, e non solo.

Una mossa di inclusione o solo politicamente corretto?

Perché realizzare un “Pinocchio” con la fata turchina di un’altra etnia, quando Collodi (ancora nel 1883) l’ha descritta con un “viso bianco come un’immagine di cera” ?


"Questo programma include rappresentazioni negative e/o maltrattamenti di persone o culture. Questi stereotipi erano sbagliati allora e sono sbagliati adesso. Piuttosto che rimuovere questo contenuto, vogliamo riconoscerne l’impatto dannoso, imparare da esso...». Questo è ciò che appare sulla piattaforma prima della visione di alcuni cortometraggi accusati di essere portatori di stereotipi.

E’ ormai palese la volontà della casa produttrice di sostituire i film “vecchi” con quelli “nuovi” assumendosi la responsabilità di insegnare alla nuova generazione l’inclusività e l’uguaglianza prendendo talvolta il distacco da alcuni prodotti considerati (cito) “dannosi”. I film della Disney hanno accompagnato intere generazioni con lo scopo di lasciare un messaggio profondo. Tuttavia il messaggio sulla piattaforma sottolinea che la casa produttrice si assume la responsabilità dei contenuti offensivi, anche se prima di qualche anno fa nessuno li aveva percepiti, tantomeno i bambini che difficilmente vedrebbero nei due felini dispettosi in “Lilli e il Vagabondo” delle caricature asiatiche.

Nonostante ciò l’avviso è indiscutibilmente giusto, così come la nuova politica adottata dalla Disney. Quest’ultima si riflette, inevitabilmente, sui nuovi prodotti tra i quali ricordiamo: il live action di “Dumbo” con la scelta di rimuovere i corvi poiché considerati come stereotipizzazione degli afroamericani; la scelta di introdurre una fata madrina genderless (interpretata da Billy Porter) e ancora Halle Bailey (di origini afroamericane) nei panni della “Sirenetta”.

Quando è stato pubblicato il poster ufficiale del live-action appena citato, i commenti hanno ben mostrato la divisione netta del pubblico, tra chi definisce questa scelta come frutto del polically correct e chi invece apprezza le modifiche apportate ai grandi classici che tutti noi amiamo.



Effettivamente, risulta difficile schierarsi in una delle due fazioni senza inciampare.

La nostra infanzia è avvolta da una vera e propria aurea di magia e conserviamo gelosamente la gioia e la spensieratezza che si vorrebbero assaggiare per tutta la vita.

Accanto alla mosse di marketing e all’inclusività, anche questo “fattore nostalgia” gioca un ruolo importante perché i passi della Disney tendono a riportarci indietro nel tempo nel tentativo di ricordarci il sapore di quelle emozioni. La voglia di tornare bambini ha venduto tantissimi biglietti, permettendo alla Disney di viaggiare dal cappellaio matto alla sirenetta dalla pelle mulatta.

C’è chi dice che solo prendendo questa direzione si “rielaborano” delle storie che forse hanno lasciato qualcuno per strada, altri che è solo il sintomo di una cristallizzazione, di mancanza di storie che invece raccontino qualcosa di attuale.


Sicuramente alla base di queste produzioni c’è una spinta prettamente economica, considerato che permettendo allo spettatore di fare questo “tuffo nel passato” l’incasso è quasi del tutto assicurato.

Come tutte le altre multinazionali, del mondo dell'intrattenimento, anche Disney vira sempre di più verso la rappresentazione delle minoranze ma in certi casi ci si dimentica del COME si mette in scena questa inclusività e la via forse non è toccando i grandi classici. Forse non si combatte la disuguaglianza cambiando i personaggi di storie già esistenti e solide; piuttosto lo si fa proponendo pellicole come “Zootropolis” (2010) che cerca di rappresentare verosimilmente la società di oggi o, per citarne uno più recente, “Strange World” con l’introduzione di un personaggio apertamente omosessuale.

Ci si vuole staccare dal passato continuando però a rielaborarlo. Continuando a spacchettare un regalo che è già stato aperto solo per cercare di rimpacchettarlo meglio, cosa che non sembra sempre funzionare visto che non tutti i live-action Disney sono stati dei successi al botteghino.


Il risultato è spesso un prodotto che non si avvicina alla magia dei grandi classici e che tenta di rappresentare una storia edulcorata per renderla più digeribile.


In conclusione, quello che servirebbe a muoversi verso l’inclusività è una boccata d’aria fresca con storie nuove, personaggi inediti, senza continuare a rimuginare sul passato, di modo che i passi falsi rimangano un lontano ricordo

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