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La vita è bella | Recensione

Durante la dittatura fascista, Guido Orefice, giovane ebreo trasferitosi nella campagna toscana, conosce una maestra elementare, Dora, e con lei costruisce una famiglia. L'aggravarsi delle Leggi Razziali e i rastrellamenti nazisti portano l'uomo ad essere deportato in campo di concentramento con il figlioletto Giosuè. Per proteggere il piccolo dagli orrori dello sterminio, Guido costruisce eroicamente un elaborato mondo di vertiginose fantasie.


Anno:1997 Regia:Roberto Benigni Attori:Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Giustino Durano, Giuliana Lojodice, Sergio Bini, Giorgio Cantarini, Claudio Alfonsi, Lydia Alfonsi, Gil Baroni, Giancarlo Cosentino, Raffaella Lebboroni, Carlotta Mangione, Franco Mescolini, Francesca Messinese, Andrea Nardi, Amerigo Fontani, Francesco Guzzo, Alessandra Grassi, Hannes Hellmann, Pietro De Silva, Marisa Paredes, Nino Prester, Gina Rovere, Massimo Salvianti, Giovanna Villa, Horst Buchholz Paese:Italia Durata:110 min Distribuzione:Cecchi Gori Distribuzione. Sceneggiatura:Roberto Benigni, Vincenzo Cerami Fotografia:Tonino Delli Colli Montaggio:Simona Paggi Musiche:Nicola Piovani Produzione:Melampo Cinematografica.



Recensione: Data di uscita in Italia: 20 dicembre 1997 Voto: 9 / 10 Genere️: drammatico, storico, commedia

Pro🔝: il mondo del cinema, fin dalla fine della seconda guerra mondiale, ha sempre trattato il tema dei campi di concentramento, dell'olocausto e, in generale, degli orrori causati dal popolo tedesco sotto il potere di Hitler. Infatti si possono trovare tantissime pellicole su questo argomento, da produzioni ad alto budget fino a quelle più di nicchia. Dopo alcuni lungometraggi, però, il modo di trattare questi temi non fu più originale e, spesso, si è trattato di film uguali a se stessi. Finché, nel 1997, Benigni decide di realizzare un film completamente diverso da tutti gli altri, raccontando una storia così drammatica in un modo così leggero ma altrettanto straziante da essere un unicum nel suo genere. I pregi di questa pellicola sono praticamente infiniti ma, sopra tutto, bisogna soffermarsi su Benigni, il quale ha messo tutto se stesso dentro questo progetto. Infatti non si è limitato ad essere il protagonista del film, ma ha svolto  anche il ruolo di regista e sceneggiatore. In tutti questi elementi, si può trovare tutta l'essenza dell'attore, dal suo pensiero politico alla sua comicità, dal suo impegno nel sociale al suo modo di fare cinema. Probabilmente, però, Benigni ha espresso le sue qualità migliori durante la stesura della sceneggiatura. Infatti il tema dell'olocausto, nonostante fossero già passati più di cinquant'anni nel momento dell'uscita del film, era molto delicato, come lo è tutt'ora d'altronde, perciò decidere di narrare questi fatti sotto una chiave comica è stato un azzardo enorme. Nonostante ciò, però, la scelta è stata sorprendentemente vincente perché l'aspetto comico ha permesso alla pellicola di comunicare anche ai più piccoli le crudeltà di questi fatti, senza mostrare in maniera esplicita nessun avvenimento. Inoltre la scelta di mostrare la vita difficoltosa del popolo ebreo durante le leggi razziali in chiave comica non ha assolutamente sminuito i fatti accaduti, anzi ha reso ancora più palese le assurdità di quel periodo storico. Proprio su questo punto si concentra una delle scene più famose del lungometraggio, ovvero il momento in cui Guido, il protagonista, si propone di tradurre degli ordini dal tedesco all'ebraico senza sapere la lingua. Qui Guido prende palesemente in giro gli ordini dell'ufficiale, mostrando quanto tutto questo fosse surreale, inutile e senza logica siccome nessun popolo dovrebbe dare ordini ad un altro. L'altra grande caratteristica di quest'opera è, naturalmente, l'amore tra la famiglia Orefice, in particolare il rapporto padre-figlio tra Guido e Giosuè. Nasce proprio da qui l'espediente narrativo di raccontare l'olocausto sotto una chiave comica, in una maniera molto intelligente. Il fatto che Guido non voglia far capire al figlio che si trovino in un campo di concentramento, è come se stesse comunicando che i bambini non sono in grado di capire le complessità della vita proprio perché non arrivano a pensarle. L'amore che viene emanato tra i tre componenti della famiglia protagonista, tra cui spicca la purezza di Giosuè, è come un faro che cerca di far luce tra la fitta nebbia oscura che aleggia sul campo di concentramento. Proprio per questo motivo la forza dell'amore viene messa in risalto spesso durante la pellicola, quasi come unica forza che permette ai protagonisti di sopravvivere. Anche sotto il lato tecnico, assolutamente secondario in un film in cui le emozioni sono il vero fulcro dell'intera produzione, è più che ottimo. Infatti la regia, senza compiere un lavoro esageratamente dettagliato, riesce a mettere in scena in maniera assolutamente funzionale ogni sequenza, regalandoci alcuni momenti incredibili. Ad esempio la sopracitata scena della traduzione o lo straziante momento finale. Inoltre tutta la componente visiva rende credibile il periodo storico in cui si sono svolti i fatti. Alcuni hanno criticato proprio quest'ultimo aspetto ma, per quanto ci riguarda, non siamo d'accordo. Infatti Benigni ha realizzato, a livello visivo, un campo di concentramento edulcorato che si sposa in maniera perfetta con il modo di narrare le vicende e con il target di riferimento della pellicola, ovvero le famiglie con ragazzi poco più che bambini. L'altro pregio che si deve sottolineare è l'interpretazione di Benigni. Nonostante tutti, compreso il giovanissimo Giorgio Cantarini che interpreta Giosuè, abbiano svolto un lavoro egregio, l'attore toscano ha, probabilmente, offerto la miglior interpretazione della sua carriera. Infatti riesce a far emergere tutta la sua comicità e simpatia che lo hanno sempre contraddistinto ma che, in questo caso, erano fondamentali per la sua buonuscita. In conclusione vi consigliamo di vedere "la vita è bella" in questo momento se ancora non l'avete fatto perché riesce a parlare di tematiche molto complesse in maniera anticonvenzionale, come nessuno ha mai fatto. P.S. dopo i grandissimi anni '50 e '60, periodo in cui il cinema italiano era invidiato in tutto il mondo e conquistava premi internazionali, "la vita è bella" riuscì a portare in Italia ben tre Oscar come "miglior film in lingua straniera", "miglior attore protagonista" a Benigni e "miglior colonna sonora".

Contro❌: come si è potuto capire dai pro, il film, per quanto ci riguarda, è solamente da elogiare. Se proprio si vuole trovare il famoso ago nel pagliaio, si può discutere della rappresentazione poco fedele dei luoghi in cui si svolgono le vicende. La modifica però è stata applicata solamente per far combaciare meglio narrazione, personaggi e atmosfera.

Recensione a cura di Ivan Luis Sulla

Grafiche a cura di Giulia Federici

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