Nowinthecinema
8 dic 20203 min
Il film racconta la storia dello sceneggiatore Herman J. Mankiewicz, interpretato da Gary Oldman, e della lavorazione di Quarto potere diretto da Orson Welles, ripercorrendo la genesi del film raccontando la Hollywood degli anni 30 attraverso gli occhi e la graffiante ironia di Mankiewicz.
Anno:2020
Regia:David Fincher
Attori:Gary Oldman, Amanda Seyfried, Lily Collins, Arliss Howard, Tom Pelphrey, Sam Troughton, Tuppence Middleton, Tom Burke, Joseph Cross, Ferdinand Kingsley, Jamie McShane, Toby Leonard Moore, Monika Gossmann, Charles Dance
Paese:USA
Durata:131 min
Distribuzione:Netflix
Sceneggiatura:Jack Fincher
Fotografia:Erik Messerschmidt
Montaggio:Kirk Baxter
Musiche:Trent Reznor, Atticus Ross
Recensione
Data di uscita in Italia đď¸: 13 novembre 2020
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Voto: 8,5/10
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Geneređ˝: drammatico, biografico
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Prođ: Dopo sei anni dal suo ultimo lavoro cinematografico David Fincher dirige Mank, dramma biografico su Herman J. Mankiewicz alle prese con la scrittura del capolavoro Quarto Potere. Un film che parla di cinema, che a sua volta parla di un film, e non uno qualsiasi. Una meta narrazione raffinata e minuziosamente realizzata dalla mente di Jack Fincher, sceneggiatore e padre del regista, che non riuscirĂ mai a vedere il film completo per via della malattia che lâha fatto spegnere pochi mesi prima della fine della produzione. Câè qualcosa di incredibilmente sentimentale nella regia di Fincher sulla sceneggiatura del padre, una sorta di velato riconoscimento e una sincera dedica a unâepoca che oramai è ben lontana da noi ma che sotto certi aspetti, per lo piĂš politici e meccanismi sociali, sembra incredibilmente vicino. Ancora una volta quindi entra in gioco la doppia narrazione, una lettera dâamore e ammirazione di Jack Fincher per quel personaggio di unâepoca non cosĂŹ lontana dalla sua e unâaltra lettera, scritta in un lessico piĂš vicino a quello dei nostri giorni realizzata da David, prima a suo padre e poi al cinema.
Ma è bene non farsi ingannare da questa filosofia sentimentalista perchĂŠ il cuore di Mank è rappresentato dalla corruzione di questo sogno cinematografico hollywoodiano degli anni â30\â40, corruzione che inevitabilmente miete vittime nel suo avanzamento e conduce perfino il nostro eroe protagonista a uscirne devastato nel corpo. UnâAmerica che si propone come un piccolo paradiso per aspiranti milionari ma che nelle radici si alimenta di materialismo e denaro, proprio come ci aveva insegnato Quarto Potere nel 1941.
La regia di Fincher riesce a sostenere i ritmi frenetici e spezzati della narrazione, usando sapientemente movimenti di camera continui e ad allontanamento e avvicinamento, lasciando sfumare la maggior parte delle scene, come se fossero effettivamente un ricordo che si interrompe e non una scena che si accinge ad essere conclusa e montata; inquadrature e intreccio narrativo che per altro coincidono con quelle di utilizzante da Orson Welles. Lâaspetto nostalgico non è solo regalato dai continui rimandi al film di riferimento ma anche allâazzeccatissima scelta di girare in bianco e nero, con sonoro e bruciature della pellicola tipiche di quellâepoca, come se film fosse girato allâinizio degli anni â40 o giĂš di lĂŹ, e fosse venuto a noi grazie a qualche scoperta in una vecchia collezione di film perduti. Notevole e ammirevole lo scompartimento dei costumi e del make up e la sognante fotografica che contribuiscono a quanto detto poco prima.
E infine, ma non di certo per importanza, non si può non citare la magnifica performance di Gary Oldman nei panni del protagonista, capace di catalizzare lâattenzione per oltre due ore; con un incredibile charm e carisma perfino da ubriaco perso. Sorprendente anche Amanda Seyfried, nei panni dellâattrice Marion Davies.
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Controâ: Il difficile intreccio temporale, i lunghi dialoghi politici e le scelte stilistiche in citazione a Quarto Potere però possono non incontrare il favore del pubblico, è facile infatti che la narrazione ne esca, per qualcuno, troppo appesantita e inevitabilmente confusa. Con la speranza che questa confusione si tramuti in curiositĂ verso il vero primo capolavoro del cinema e che induca anche lo spettatore medio a recuperare questa colonna portante del cinema, che è per lâappunto Quarto Potere.
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Recensione a cura di Linda Giulio
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Grafiche a cura di Giulia Federici
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