Nowinthecinema
19 mar 20202 min
Quando la figlia di Mari Gilbert (la candidata agli oscar Amy Ryan) scompare, la passività della polizia la fa approdare all’interno di una gated community di Long Island in cui Shannan è stata avvistata l’ultima volta. La sua ricerca getta luce sull’assassinio di oltre una dozzina di prostitute
Recensione:
Data di uscita in Italia 🗓️: 13 marzo 2020
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Voto: 6,5/10
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Genere📽: criminale, avventura
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Pro🔝:Tra il 1996 e il 2010 il killer di Long Island ha seminato il panico nello stato
di New York ed è proprio dal 2010 che prende le mosse il racconto della regista
già candidata all’Oscar Liz Garbus.
Il film ci racconta di Mary, una madre single costretta ai doppi turni per
sostentare le tre figlie, di cui una, la maggiore, in affidamento. Proprio
quest’ultima, Shannon, una sera scomparirà nel nulla e davanti alla negligenza
della polizia, Mary intraprenderà una personale indagine alla ricerca della figlia.
La protagonista è interpretata da una Amy Ryan in stato di grazia che riesce
a portare su schermo un personaggio forte e complesso. Il pro più grande è proprio
la capacità del film di sfumare i confini tra buoni e cattivi, tra colpa e redenzione.
Mary da un lato è la forza positiva che si oppone all’ipocrisia e all’incompetenza
di chi indaga per mestiere, dall’altro lo scavo psicologico adoperato dalla Garbus
ci porta a fare la conoscenza di una madre soffocata dal senso di colpa, da un
passato da cui diventa sempre più difficile scappare. Anche il commissario che si
occupa di coordinare le indagini non è relegato semplicemente al ruolo del cattivo:
Richard Dorman, non lontano dalla pensione, deve cercare di mantenere sotto
controllo il caso dal punto di vista mediatico ma non riesce a non provare empatia
per la tenace ostinazione di una madre in cerca della figlia.
Un altro punto di forza della pellicola sta nella sua essenza documentaristica.
La Garbus è una regista che viene dal mondo del documentario, un mondo in cui
la narrazione è asservita ai fatti, alla realtà nuda e cruda. Un modo di raccontare
così essenziale lascia spazio alla forza dei personaggi e alle storture sociologiche
ravvisabili nelle madri delle ragazze in difficoltà, nel disinteresse della polizia e
della piccola comunità d’ipocriti di Oak Beach, località in cui Shannon è stata
vista per l’ultima volta. Grazie a questa impostazione la denuncia di queste donne
ferite riecheggia più forte che mai.
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Contro❌: Se individualmente i personaggi rifuggono da facili stereotipi la
polarizzazione di genere tra donne forti e risolute e uomini superficiali e subdoli
è troppo marcata. Se contestualizziamo la pellicola e prendiamo coscienza del suo
obiettivo polemico contro la società maschilista americana questo risulta essere
un peccato dimenticabile.
Non possiamo trattare Lost Girls come un capolavoro del genere perché
manca di originalità, il ritmo spesso si abbassa nei momenti più topici e i momenti
in cui dal drama si passa al thriller sono quelli meno riusciti. Nonostante ciò non
possiamo non consigliare una pellicola forte come le sue protagoniste che riesce
a scuotere la coscienza dello spettatore tramite un sentimento d’angoscia che
cresce insieme alla frustrazione di Mary, di minuto in minuto.
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Recensione a cura di Matteo Angelica
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Grafica a cura di Giulia Federici
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