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The Zone Of Interest: essere ciechi dell’orrore.

Voler essere ciechi dell’orrore, architettare un campo di concentramento come se si stesse comprando un nuovo mobile per la casa, guardare l’orizzonte con quella serenità spontanea, sono i vari temi che tocca l’ultimo film di Jonhatan Glazer: The zone of interest, quest’anno presentato a Cannes, dove ha vinto il Gran Premio Speciale della Giuria, prodotto, tra l’altro, dalla sempre più viva, ambiziosa e vincente A24.

Data di uscita: 18 gennaio 2024

Genere: Drammatico, guerra

Anno: 2023

Durata: 106 min

Regia: Jonathan Glazer

Attori: Christian Friedrel, Sandra Hüller, Johann Karthaus, Luis Noah Witte, Nele Ahrensmeier, Lilli Falk, Medusa Knopf

Paese: Polonia, Gran Bretagna, USA

Distribuzione: I Wonder Pictures

Sceneggiatura: Jonathan Glazer

Fotografia: Lukas Zal

Produzione: James Wilson, Ewa Puszczyńska

Casa di produzione: Extreme Emotions, Film4 Productions, House Productions

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E’ principalmente un biopic sulla figura di Rudolf Hoess, primo comandante del campo di concentramento di Auschwitz. La messa in scena dell’Opera è fantastica, viene narrata la felicità e la serenità della famiglia di Hoess che abita in una casa appena fuori un gigante muro che delimita il campo di concentramento. Questa casa sembra essere un posto idilliaco dove non esiste sporcizia, briciole a terra e quant’altro. Tutto splende, tutti sono in divisa, viene esaltato un bianco nell’architettura della casa e nella maggior parte dei vestiti dei personaggi che sembra indicare un contesto pacifico come il carattere di chi abita quel luogo, ma la Storia ci ha insegnato ben altro…

Il film si apre con uno sfondo nero che rimane impresso per buoni 2-3 minuti quasi a prefigurare come il male non possa prendere forma, non ha una vera forma, bensì sia un sentimento connaturato all’essere umano capace di tutto. Ed è proprio questa la rivoluzione di Glazer, pioniere con questo film di un sottogenere che segue il filone centrale dedicato ai film sull’Olocausto. Tradizionalmente questi tendono a mostrare allo spettatore l’orrore verificatosi nei confronti della comunità ebraica a volte documentando (Resnais) altre volte sotto forma di fiction (Spielberg). Fatto sta che in ogni Opera ci deve essere un bambino col pigiama a righe, una famiglia che viene divisa per non ritrovarsi mai, insomma la spietatezza e la crudeltà delle SS nei loro atti più concreti.

Glazer, invece, decide di far vedere tutto il resto.

Lo spettatore sa che se da una parte c’è una famiglia che si gode le feste in piscina nella propria villa paradisiaca, dall’altra parte della strada c’è in corso un delitto contro l’umanità. Lo spettatore lo sa, ma soprattutto lo sente. Questo grazie al lavoro sul suono incredibile, ma ancor più una colonna sonora indimenticabile, le note composte da Mica Levi sono un colpo al cuore. Visto che c’è già un film all’interno del film stesso Glazer, allora, opta per far vedere come si arrivi a quella produzione di crudeltà, com’è facile e scontato per le SS vivere una vita del genere. Le ceneri vengono lentamente scaricate nel fiume, lo stesso fiume in cui la famiglia di Hoess fa il bagno, la mescolanza tra suoni e odori provenienti dal campo mentre la moglie di Hoess prova la sua nuova pelliccia o il rossetto, ecc…

E’ la descrizione della banalità del male, la borghesia del male ripresa con una mdp onnipresente, tendente ad inquadrature dal basso che sottolineano spesso la potenza di quelle stesse persone all’epoca. O ancora dal basso per ingigantire i luoghi, ancora il riferimento va alla simbologia della casa che sembra avere delle colonne storiche quasi da Museo.

E’ un film super moderno e attuale che sa parlare bene allo spettatore odierno, l’uomo è ed è sempre stato comodo sulla sua poltrona: guarda, ma soprattutto sente il male che lo circonda, ma rimane seduto e non fa niente. Questo è lo spettatore di “The zone of interest”, ma anche il protagonista della vita umana.

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