
THE LOST DAUGHTER| RECENSIONE DEL FILM IN CONCORSO A VENEZIA 78
Adattato dal romanzo italiano di Elena Ferrante ‘’La figlia oscura’’, ‘’The lost daughter’’ è l’esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal, e racconta la storia di Leda, una donna di mezza età, che durante una vacanza si ritrova ossessionata da una giovane madre e sua figlia, ricordandosi quindi del suo difficile rapporto con la maternità e con le sue due figlie. Ecco la nostra recensione.

Anno: 2021
Regista: Maggie Gyllenhaal
Attori: Olivia Colman, Dakota Johnson, Paul Mescal, Jessie Buckley, Alba Rohrwacher, Peter Sarsgaard
Paese: USA, Grecia
Durata: 121 min
Distribuzione: Netflix
Sceneggiatura: Maggie Gyllenhaal
Fotografia: Helene Louvart
Montaggio:
Produzione: Endeavor Content, Pie Films, Samuel Marshall Productions
RECENSIONE
Data d’uscita in Italia: 31 dicembre 2021 (Netflix)
Voto: 7
Genere: drammatico
Come esordio alla regia per Maggie Gyllenhaal, il lavoro finale realizzato con ‘’The lost daughter’’ non è ottimo ma non è nemmeno male, complessivamente è un buon lavoro con i suoi lati negativi, e ovviamente, i suoi lati positivi.

La pellicola nel suo complesso si mostra essere un film ricco di drammaticità. È un film incentrato sulla ricerca di sé stessi, sul capirsi e cercare di dare una risposta alle domande che da sempre ci si pone, sperando questa volta di poterla ottenere. È questo che succede al personaggio protagonista Leda, interpretata da una spettacolare Olivia Colman, che si ritrova a dover combattere con i demoni del suo passato, dovendo ridefinire alcune sue azioni compiute quando era ancora più giovane, essendo lei stata una cosiddetta ‘’madre snaturata’’. È appunto la maternità il tema principale della pellicola, il perno dell’intera vicenda raccontata. Maternità raccontata in tutte le sue sfaccettature, da quelle più belle e più gioiose, fino a quelle più brutte, finendo per toccare anche il dramma.

Olivia Colman risulta essere la parte migliore di questo film. Il ruolo che ricopre sembra esserselo cucito sulla pelle, e ogni sua azione, ogni suo sguardo e ogni sua emozione, riescono a trasmettere un qualcosa allo spettatore, permettendo a quest’ultimo di empatizzare con lei e con quello che ha passato e sta passando, riuscendo anche a capire il perché di sue determinate azioni. È un personaggio malinconico, depresso e costantemente tormentato da alcune sue azioni. Rimugina sulla sua vita cercando di capire dove e cosa ha sbagliato, per migliorare la sua persona presente e riuscire a realizzare adesso ciò che prima non era la sua priorità, ossia creare un rapporto stabile e di fiducia con le sue due figlie, Bianca e Martha. Nel corso della vicenda compie ancora una volta azioni sbagliate, ma a differenza del suo passato, qua se ne rende conto, riuscendo a migliorarsi.

Il film nel suo complesso non è eccellente, è un buon prodotto. La sceneggiatura non sempre è completa, sono presenti infatti alcune sequenze che non sono state strutturate bene nel complesso finale, risultando piatte e abbastanza lente, portando la narrazione in punti ciechi e poco necessari alla storia. La colonna sonora creata donava ancora più malinconia, frustrazione alla narrazione e anche più pathos alla interpretazione della Colman. La fotografia nell’insieme è buona, ma non ottima. Nota di merito è da assegnare alle ambientazioni utilizzate. Per tutta la durata del discorso ci troviamo in una spiaggia, sul mare, e quindi un ulteriore elemento volto a donare quella sensazione di tristezza e nostalgia che si deve sposare con quello che stiamo vedendo.
In concorso per il Leone D’oro, in attesa di scoprire se sarà questo il fortunato a portarselo a casa, la pellicola sarà disponibile nel catalogo Netflix a dicembre.
Recensione a cura di Rebecca Fulgosi
Grafiche a cura di Giulia Federici
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