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The Last of Us: l'episodio 3 e il caso di review bombing

La serie tratta dall’omonimo videogame di Naughty Dog sta tenendo chiunque attaccato agli schermi. Purtroppo, non solo quelli della tv. Il terzo episodio di The Last of Us è stato infatti oggetto di un fenomeno definito “review bombing”, ovvero un’organizzata recensione di massa volta a diminuire drasticamente lo score di un titolo su piattaforme come IMDB o Rotten Tomatoes. Il motivo è presto detto: la storia di Bill e Frank. Ma cosa ha dato il via a questa escalation di dissenso verso un episodio che molti altri (incluso il sottoscritto) ritengono pressocché perfetto.


La serie di The Last of Us si è da subito configurata come uno dei pochi adattamenti volti a non stravolgere la storia di partenza, quella del videogioco che segue l’avventura di Joel e Ellie. Nel primo episodio, soprattutto, il regista si diverte a riprendere addirittura i movimenti di camera a cui assistiamo durante le cut scenes del gioco (ad esempio la fuga in auto di Joel e figlia). Nel secondo episodio abbiamo conosciuto i temuti “clicker”, e gli appassionati hanno avuto l’opportunità di assaporare nuovamente, seppur da spettatore, di gioco di tipo stealth in cui il silenzio è fondamentale per sfuggire a questa mutazione particolare del virus. Ma il terzo episodio è una storia completamente a sé. L’azione si interrompe per dare inizio ad una storia solo incidentale rispetto a quella dei protagonisti, quella di Bill. Come nel videogioco, ci viene presentato alla stregua di un complottista, esperto di tattiche di sopravvivenza, convinto di cavarsela meglio da solo mentre guarda il mondo andare a rotoli. Ma le somiglianze con il personaggio conosciuto nel gioco si fermano qui. È vero, anche lì esiste un Frank capace di addolcire il suo animo burbero ma, non del tutto. Chiunque abbia giocato la serie si ricorderà della velocità con cui viene raccontata la fine del compagno di Bill, che però non ci sentiamo di spoilerarvi. Sappiate solo che un bigliettino scritto da Frank, che nel gioco è possibile trovare all’interno della loro casa, racconta di come il rapporto tra i due sia irrimediabilmente logorato dal caratteraccio di Bill. Nella serie è un’altra storia: la diffidenza, le divergenze su come mantenere i rapporti con altri sopravvissuti, la loro diversità, sono tutti ostacoli che vengono superati per un obiettivo più alto, quello di amarsi in un mondo in cui l’amore sembra un ricordo sbiadito, intrappolato in foto d’epoca, in case impolverate che nessuno abiterà mai più. La bellezza con cui ci viene raccontata la storia di come questa convinzione venga smentita è sbalorditiva e prescinde da qualsiasi coerenza con l’avventura videoludica. Probabilmente, il successo di questo episodio risiede proprio nell’aver sfruttato a pieno le differenze che esistono tra questi due media, prendendo in questo senso le distanze dagli episodi precedenti. Una serie, al contrario di un videogioco, può permettersi di dilatare il tempo della narrazione senza che chi stia dietro alla tv reggendo tra le mani un pad frema per tornare all’azione. Probabilmente chi si è associato a questo episodio di review bombing ha perso di vista il confine tra queste due modalità narrative, ammaliato da un’opera che esalta e celebra l’esperienza videoludica, ma senza commettere l’errore di appiattirsi pigramente su di essa.


La forza di un prodotto si misura anche sulla sua capacità di disattendere le aspettative del suo pubblico, sorprenderlo con cambi di direzione per condurlo su un terreno nuovo, forse inospitale ma per questo denso di opportunità di arricchimento e di incontro con l’altro. Se poi una serie come The Last of Us è capace di farlo con l’attenzione ai dettagli di una messa scena così maniacale, con la qualità di personaggi che appaiono su schermo solo per pochi minuti ma a cui teniamo come se li avessimo conosciuti da sempre, ecco che qualsiasi voce di disprezzo per partito preso merita di essere ignorata.

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