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The Banshees of Inisherin, la potente metafora bellica portata nella serenissima Venezia

L'applauditissimo The Banshees of Inisherin- Gli spiriti dell'isola di Martin McDonagh approda a Venezia portandosi a casa la coppa Volpi, per la miglior interpretazione maschile al protagonista Colin Farrell, e il premio per la miglior sceneggiatura.

Genere: Commedia

Anno: 2022

Regia: Martin Mcdonagh

Attori: Colin Farrell, Brendan Gleeson, Barry Keoghan, Kerry Condon, Sheila Flitton

Paese: Regno Unito

Durata: 109 min

Distribuzione: Walt Disney Company Italia/ Searchlight Pictures

Sceneggiatura: Martin Mcdonagh

Fotografia: Ben Davis

Montaggio: Mikkel E.G. Nielsen

Musiche: Carter Burwell

Produzione: Blueprint Pictures

 

Recensione: Voto: 9

Dopo il pluripremiato "Tre manifesti ad Ebbing, Missouri", Martin Mcdonagh approda per la seconda volta in laguna proponendo nuovamente la coppia Gleeson-Farrell, ben riuscita in una delle sue precedenti pellicole "In Bruges, la coscienza dell'assassino", figure ben note al regista britannico che sembra non poter fare a meno di loro. Il premio Oscar al miglior cortometraggio "Six shooter" con Brendan Gleeson, ritorna in madrepatria portandosi con sé in valigia il premio alla miglior sceneggiatura, per il suo nuovo film in concorso "The Banshees of Inisherin".

La vicenda è interamente ambientata in un isola della costa occidentale irlandese, i suoni della guerra, che rimbombano da lontano, collocano il film negli anni venti del XX secolo, nel pieno della guerra civile. La storia, apparentemente semplice e banale, segue due amici, Pádraic (Colin Farrell), lo "stupidotto" del villaggio, buono e gentile con gli amici, affettuoso con la sorella Siobhán (Kerry Condon) e ingenuo, forse troppo, con l'amico di sempre, Colm (Brendan Gleeson), scorbutico e molto spesso diffidente, figura che riesce a trovare conforto e speranza solamente attraverso la musica del suo violino. Colm, all'improvviso, senza alcuna, concreta e reale, motivazione decide di distaccarsi da Pádraic, considerato da lui troppo noioso e poco stimolante. Colm, alla ricerca di una pace interiore attraverso la musica, pensa di non poter più perdere tempo con i discorsi infondati e infantili dell'amico. Padráic però non ci sta, cercherà in tutti i modi di recuperare i rapporti, anche con l'aiuto della sorella, ma minacciato da Colm di terribili conseguenze, in caso di ulteriore disturbo, allenterà la presa su di lui.

La capacità di Martin McDonagh è stata quella di trasformare in poco tempo l'intera percezione della pellicola, nascondendo, in maniera geniale, dietro una semplice faida tra amici, delle tematiche estremamente e spaventosamente attuali. Il conflitto tra Colm e Padráic è una puntigliosa metafora della guerra, una denuncia indirizzata nei confronti della stupidità del genere umano, verso un conflitto che questa comunità isolana, completamente sconnessa dal resto del mondo, aveva a due passi. L'insensatezza dello scontro, l'incomunicabilità e l'assenza di buon senso rendono questo film un vero e proprio specchio della modernità, la mancanza di ascolto, di rispetto e di confronto sono elementi che non fanno altro che disumanizzare gli esseri umani, estremizzando le controversie è possibile far capire al pubblico che noi uomini non siamo capaci a convivere, non siamo capaci nemmeno di mantenere nel tempo una semplice amicizia, tutte le strade percorribili portano ad un unica e, purtroppo, inevitabile, destinazione, il conflitto. Gli incontri tra Colm e Padráic non faticano ad essere paragonati, da chiunque sia al corrente dei conflitti odierni, alle innumerevoli riunioni diplomatiche e alle trattative tra stati che, come nel film, sono futili e sterili.

Il tutto condito dalla solita ironia del regista, che fa inevitabilmente cadere in grosse risate la sala per tutta la durata della proiezione. Una risata però agrodolce, scandita in più parti da momenti di riflessione, un'alternanza di emozioni, costantemente in contrasto, che ricorda a più riprese il suo precedente lavoro.

Una regia che con i suoi campi lunghissimi comunica in ogni istante l'irrisolutezza del luogo, la desolazione di un posto che non ha alcuna speranza di progresso e cambiamento, una fotografia altrettanto degna di questo film, da cui traspaiono atmosfere cupe e malinconiche, quasi come riflesso dello stato d'animo turbato e tormentato del protagonista.

Decisiva e importante, a mio parere, la figura di Mrs. McCormick (Sheila Flitton), anziana signora dall'animo cinico e ribelle, dalla quale tutti, se incrociata per strada, cercano di nascondersi. Rappresentazione ed impersonificazione della morte, una Nera Mietitrice che osserva e giudica i propri compaesani, consapevole del destino che il futuro riserverà per loro, una morte certa dalla quale non si può avere scampo. Nel film la quiete dell'isola viene interrotta da uno scontro che sembra non avere fine, la perpetuazione del conflitto porta ad altro conflitto, si innesca un meccanismo indissolubile che porta l'uomo al confine con il disumano, nonostante si oltrepassi questo limite la situazione però rimane immutata, anzi, non fa altro che peggiorare, ma quindi esiste veramente una via di uscita ?

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