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Ritratto della giovane in fiamme | Recensione

Nel 1770, la giovane figlia di una contessa francese sviluppa un'attrazione per Marianne, la pittrice incaricata di dipingere il suo ritratto. Tra le due donne nasce una forte passione.



Anno:2019

Regia:Céline Sciamma

Attori:Adèle Haenel, Noémie Merlant, Valeria Golino, Luàna Bajrami

Paese:Francia

Durata:120 min

Distribuzione:Lucky Red

Sceneggiatura:Céline Sciamma

Fotografia:Claire Mathon

Montaggio:Julien Lacheray

Musiche:Jean-Baptiste de Laubier, Arthur Simonini

Produzione:Arte France Cinéma, Hold Up Films, Lilies Films


Recensione:

Data di uscita in Italia 🗓️: 19 dicembre 2019

Voto: 8,5 / 10

Genere📽: Drammatico, Storico

Pro🔝:  Uno squarcio rubato a una giovane, breve e intensa passione tra due anime compresse in un mondo settecentesco, che ancora ingabbia le donne e le incatena alle proprie convenzioni sociali, è ciò che ci regala questo film della regista francese Cèline Sciamma. 

Seguendo le orme di Chiamami col tuo nome, Ritratto della giovane in fiamme riprende la scoperta dei desideri più profondi e carnali che variano dalla libertà nel correre su una scogliere, al tocco di un corpo - per così dire - proibito. 

Al centro della narrazione ci sono gli sguardi, l'idea generale del vedere e dell'esser visti è un punto cardine della relazione tra le protagoniste. Il lavoro di Marianne è proprio quello di osservare avidamente, quasi fino a consumare il volto di Hèloise, che invece si sottrae a questo gioco per tutta la prima parte del film. Malgrado l'iniziale ira di Hèloise nello scoprire i veri intenti di Marianne e la sua professione di pittrice, si riprende di nuovo l'intreccio degli sguardi: Marianne che guarda Hèloise che guarda il mare; Marianne che vede sé stessa nel corpo di Hèloise ed Hèloise che non si riconosce nel ritratto eseguito da Marianne, Marianne che distrugge il volto di Heèloise. Un dialogo silenzioso che si consuma più con gli occhi che con le parole. 

L'arte, che di vita si nutre, prende parte sia nelle vicende delle protagoniste, sia nella narrazione; oltre alla pittura vi è anche la musica: l'Estate di Vivaldi, pura carica erotica, viene riproposta due volte all'interno del film. La prima volta in maniera più timida e pudica quando Marianne la suona per Hèloise e poi nell'ultima scena, in cui si fa esplicita e irriverente nella sua forma più violenta: a teatro, con un'orchestra, dove ancora una volta, Marianne osserva in segreto Hèloise. 

La concretizzazione dell'arte all'interno del sistema cinematografico del film si realizza attraverso l'imponente fotografia, curata nei minimi dettagli e pregna di simbolismi, rimane statica e sempre incorniciata, come se a ogni scena ci trovassimo davanti a dei dipinti. Questo particolare tecnico, rende partecipi anche noi spettatori del gioco di sguardi delle protagoniste, come se ci trovassimo a osservare le vicende tramite quadri appesi a un museo. 

Lo stile registico della Sciamma amalgama perfettamente sia l'aspetto artistico che l'aspetto passionale, senza mai scadere nel banale e senza lasciare mai nulla al caso.

La femminilità è quasi palpabile all'interno dell'intero prodotto cinematografico e accompagna le protagoniste nella loro emancipazione. 

Il potere femminile nella pellicola non è inteso come un atto di forza, o ribellione, ma piuttosto va inteso nel senso della scelta, nell'acquisizione del diritto di scegliere: scegliere chi amare, come dipingere, scegliere di ascoltare la musica e tanto altro ancora. Il valore della scelta è sottolineato anche dalla storyline della domestica Sophie che si concretizza in maniera meno filosofica e più pratica. 

Contro: Come già sottolineato, Ritratto di una giovane in fiamme è una pellicola che si basa più sugli sguardi che sulle parole; i dialoghi risultano “deboli” rispetto alla narrazione silenziosa e sotto intesa, si perdono quasi all'interno dei agli intrecci dei volti e dei gesti, risultando a tratti banali e superflui. 

Ma è anche vero che, allo stesso mondo, nella pittura le parole rimangono vaghe e sospese e sono proprio le immagini a dialogare con un linguaggio proprio.

Recensione a cura di Linda Giulio

Grafica a cura di Giulia Federici

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