Le pupille: una libera fanciullezza
Le pupille è un cortometraggio diretto da Alice Rohrwacher realizzato per Disney e presentato al Festival di Cannes. Questo cortometraggio, come ha spiegato Gian Luca Farinelli, sarebbe dovuto essere uno degli episodi di una serie natalizia, con altre 3 puntate, una delle quale sarebbe dovuta essere diretta da Alfonso Cuaròn, divenuto produttore, invece, del corto. E’ candidato, tra l’altro, come unico prodotto italiano, agli Oscar come miglior cortometraggio.

Paese di produzione: Italia, USA
Anno: 2022
Durata: 37 min
Regia: Alice Rohrwacher
Sceneggiatura: Alice Rohrwacher
Produttore: Alfonso Cuarón, Gabriela Rodriguez, Carlo Cresto-Dina
Fotografia: Hélène Louvart
Montaggio: Carlotta Cristiani
Musiche: Cleaning Women
Scenografia: Emita Frigato, Rachele Meliadò
Cast: Alba Rohrwacher, Valeria Bruni Tedeschi, Melissa Falasconi, Carmen Pommella, Greta Zuccheri Montanari, Luciano Vergaro, Tatiana Lepore
Genere: cortometraggio
RECENSIONE
Alice Rohrwacher riprende la lettera, l’aneddoto, raccontato in una lettera del dicembre 1971 che Elsa Morante inviò ad Goffredo Fofi come auguri di buon Natale. Questa lettera, storia è cantata dalle pupille, un gruppo di orfanelle dallo sguardo puro e innocente se non contaminato forse dalla propria Madre Superiora, interpretata da Alba Rohrwacher, sorella della regista. Tra gli echi simmetrici “Wes Andersaniani”, il simbolismo “Del Toriano”, gag comiche, ingenue “chapliniane”, lo spettatore è posto davanti ad un meccanismo di ossessiva “costrizione” da parte di una Madre Superiora nei confronti delle orfanelle nel seguire rigidi schemi di comportamento. Seppur possa sembrare tutto banale, “stereotipato”, forse è proprio questa la forza del cortometraggio: riuscire a denudare questi obblighi di comportamento improduttivi attraverso l’ingenuità, la purezza di un gruppo di orfanelle, che tramite atti ironici dal gusto, seppur immaturo, ribelle provano a demolire un sistema classico dalle sembianze medievali.

Infatti, come si può vedere già dall’inizio la Madre Superiora sembra essere l’antagonista della storia quando in realtà la Rohrwacher fa assumere semplicemente il suo personaggio quasi dando contro alla Chiesa e ai suoi valori per cui queste orfane debbano essere “ricnhiuse” attraverso un muro immaginario da cui non possono evadere. Lo si vede nella parte centrale, quando, attraverso delle bellissime animazioni, vediamo che la storia è ambientata tra la vigilia e il giorno stesso di Natale, e le Pupille hanno l’ordine di ascoltare, rigorosamente in fila, mute e composte la radio da cui passano messaggi fascisti. Succede però che una delle bambine aveva smarrito uno dei suoi abiti di travestimento per impersonare l’angioletto del presepe vivente e quando si avvicina, nel momento in cui la Madre Superiora è assente dalla scena, alla radio per recuperare il suo abito, la radio cambia musica. Quasi per magia lo scenario freddo, rigido si trasforma in un attimo in una scena di danza e canto liberatoria sotto le notte di “Ba ba baciami piccina”. Le Pupille che, inizialmente, ignorano quelle parole, quelle melodie, ritenute fuori contesto e profane dalla Madre Superiora, rimangono affascinate dalla situazione e si cimentano in un momento di danza, ideologicamente ribelle nei confronti degli schemi imposti loro.

Successivamente, un’altra delle scene chiavi del corto, vediamo come delle persone umili chiedono, durante il presepe vivente, alle Suore di far pregare i loro cari dalle Pupille visto che “le loro preghiere arrivano alla Madonna”. Questo carattere miracoloso verrà enfatizzato quando una donna porta in dono, come fanno tutte le persone che chiedono una preghiera, una torta dalle giganti dimensioni, con una quantità di ingredienti sconcertanti (“le 70 uova”). Le bambine, che anche in questo caso non possono muoversi, rimangono stupite da quel dono, simbolo (ed ecco il simbolismo di cui parlavo originariamente) di trasgressione, secondo le suore, ai valori cristiani per cui esistono bambini che non hanno nemmeno un pezzo di pane da mangiare e che perciò dovrebbero rinunciare a quella. In questa scena le orfanelle sono personaggi teatrali impietriti, un po’ come i personaggi comici di Buster Keaton, maschere di una trasgressione inviolabile ci comunicano il loro desiderio di superare quel limite con cui vivono in quel luogo freddoloso, tetro comandato da persone severe, adulte, rappresentanti della Chiesa.
Da qui arriveremo al finale in due modi: la vera ribellione della bambina che non parla mai e che sembra rispettare tutte le rigorose regole, ma che, nonostante ciò, la Madre Superiora giudica come “cattiva”; l’apparente umiltà di quella di donare quella torta, a cui ora manca una fetta e quindi non potrà regalata ad un funzionario del vescovo, ad un povero signore spazzacamini dell’orfanotrofio, il quale era passato di lì per chiedere, senza successo, la paga del suo lavoro.

In un finale in cui vengono evidenziate le caratteristiche della Madre Superiora in tutte le sue sfaccettature in cui prova, e non riesce, ad incarnare i valori sani e giusti della cristianità e contrapposta la figura “cattiva” di una bambina di una bontà unica, che vuol fraternizzare con le sue compagne e condividere con esse un pezzo di torta che aveva tenuto con sé.
La Rohrwacher, che si serve di una colonna sonora ben curata, coordina un prodotto audiovisivo aperto a tutte le età, che vuol far ragionare sui caratteri di una vita di clausura opprimente dell’Italia degli anni Quaranta. Suggestivo il finale, che con la rottura della quarta parete, ci mostra le bambine dell’orfanotrio chiedere allo spettatore stesso “Qual è la morale?”…. a buon intenditori, pochi minuti, poche parole, ma tanta poeticità.
