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Le Buone Stelle - Broker | L'appartenenza per Hirokazu Kore'eda.

L'autoproclamato "Broker di buone azioni" Sang-hyeon e il suo socio Dong-soo hanno un'illecita attività di vendita di bambini, non immaginano però che l'incontro con una mamma che rivuole suo figlio li porterà in un insolito viaggio per il paese.



Titolo originale: 브로

Lingua originale: coreano

Paese di produzione: Corea del Sud

Anno: 2022

Durata:129 min

Sceneggiatura: Hirokazu Kore'eda

Produttore: Lee Eugene

Casa di produzione: Zip Cinema

Scenografia: Lee Mok-won

Costumi: Choi Se-yeon

Trucco: Kim Seo-young

Cast: Song Kang-ho (Sang-hyeon), Gang Dong-won (Dong-soo), Bae Doo-na (Soo-jin)

IU: So-young, Lee Joo-young (detective Lee).


 

Recensione


Voto: 7.5\10


Primo film in lingua coreana del regista, sceneggiatore, montatore Hirokazu Kore'eda, Le buone stelle - Broker è stato presentato in concorso al 75esimo Festival di Cannes, dove Song Kang-ho (Parasite, 2019) ha trionfato come miglior attore.



Kore’eda si inoltra nella Corea rurale e lo fa mettendo in atto un sapiente gioco di sottrazione, tanto narrativa quanto visiva, senza mai cadere in banalità e noia, ma regalando una bellezza nascosta e sottintesa.

L’abilità nell'aspetto narrativo si riflette soprattutto sull'alternarsi di un neorealismo eticamente pesante, come il problema dell’abbandono infantile, che in Corea registra numeri altissimi ogni anno, a cui però il regista regala leggerezza, mai superficiale, confezionando un dramma nostalgico e dolce amaro.


In questo racconto di persone e luoghi percorsi, il cast solidifica gli intenti della sceneggiatura e della regia, reggendo i toni prima spensierati, poi drammatici, in cui, in particolar modo, il duo composto da Song Kang - ho e Gang Dong - Won da ai loro anti - eroi una sfaccettatura complessa, che rivela nel profondo una solitudine spiazzante.



Se nel cinema occidentale (o occidentalizzato) siamo per lo più abituati a dialoghi colmi di parole articolate e metafore elevate, Broker si spoglia anche delle sintassi e dei virtuosismi, caricando però di significato ogni inquadratura e ogni tocco e alle parole viene lasciato il compito di colpire e ferire con una sincerità emotiva che, nella più totale semplicità, riassume forse proprio il paradosso della famiglia: tra la solitudine individuale e il bisogno di sentirsi connessi e perdersi in qualcosa che vada al di là di un legame di sangue e che sia di più di un’unione tra singoli individui.


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