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La vita davanti a sé | Recensione, cast e trama

Madame Rosa è un'anziana donna ebrea sopravvissuta all'Olocausto che ospita bambini figli di prostitute nella propria casa. Su insistente richiesta da parte del suo fidato medico dottor Cohen, Rosa ospita Momo, un turbolento bambino, orfano e di origine senegalese. Inizialmente il loro è un rapporto piuttosto conflittuale, i due sono diversi per molteplici aspetti: una notevole differenza di età, due diverse etnie e religioni.

Anno:2020

Regia:Edoardo Ponti

Attori:Sophia Loren, Ibrahima Gueye, Renato Carpentieri, Massimiliano Rossi, Abril Zamora, Babak Karimi

Paese:Italia

Durata:94 min

Distribuzione:Netflix

Produzione:Palomar


Recensione:

Data di uscita in Italia 🗓️: 6 novembre

Voto: 6.5/10

Genere📽: drammatico

Pro🔝: La vita davanti a sé, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Romain Gary, ci regala il ritorno alle scene di Sophia Loren diretta dal figlio Edoardo Ponti. La regia di Ponti si contraddistingue nella sua semplicità, seppur senza mai spiccare in originalità, si adatta bene al tipo di narrazione intrapreso durante il film e incornicia perfettamente l’immensa bravura della Loren, vero centro di gravità della pellicola, con primi piani emozionali e ben realizzati. Convincenti anche alcune riprese in chiave comica, come il piccolo Momo che sfreccia sorridente sulla sua bicicletta elettrica

per le strade del paesino. Magnetica, emozionante in un ritratto di una donna forte, testarda ma allo stesso tempo fragile e sensibile Sophia convince con la sua elegantissima interpretazione e non c’è da stupirsi se già si sente il profumo di

una nomination agli Oscar. Buone prove recitative anche dal resto del cast, tra cui il giovanissimo protagonista Ibrahima Gueye nel suo primissimo ruolo.

Contro: Ciò che non convince del film è l’adattamento del romanzo a cui fa riferimento. Partiamo dal presupposto che le vicende del libro sono narrate in un’altra nazione e in un’altra epoca e se vogliamo, visto che parliamo di cinema e non di letteratura, mettiamo questo presupposto pure da parte. Anche se si cerca di guardare il film con un occhio più oggettivo e senza essere condizionati dal romanzo, notiamo subito che ci

sono vari elementi di disturbo: ci viene presentato una storia che vuole essere realistica, che cerca di raccontare le avventure e disavventure di chi è stato un po’ dimenticato dal mondo, ma lo fa omettendo caratteristiche essenziali; non ci vengono date precisioni geografiche, temporali e questa mancanza si accumula allo sviluppo frettoloso di una sceneggiatura che si realizza in poco più di un’ora e mezza di tempo. Il risultato è inevitabilmente quello di vedere l’ennesimo film eccessivamente stereotipato di

un’Italia incerta e indefinita, priva di qualsiasi caratteristica. Uno sfondo narrativo, una trama poco definita e dispersiva in cui vengono buttati tantissimi temi poco o mal approfonditi: l’olocausto, lo spaccio minorile, la prostituzione, il concetto di famiglia, l’immigrazione e perfino la religione.

Tutte le storyline, soprattutto quella dei due protagonisti, vengono consumate in pochi minuti, in un intreccio narrativo che sembra mangiare troppo velocemente tante dinamiche e dialoghi. In conclusione, è notevole come, malgrado errori di sviluppo e sceneggiatura. il film sia in grado di emozionare, ma rimanendo comunque un prodotto facilmente dimenticabile, con un gran potenziale consumato in una produzione mediocre che probabilmente senza la partecipazione della Loren sarebbe stata ancora più anonima.

Recensione a cura di Linda Giulio

Grafiche a cura di Giulia Federici


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