I predatori | Recensione, cast e trama
I Pavone e i Vismara sono due famiglie romane di estrazione sociale e culturale totalmente differente: l'una ricca e borghese, l'altra proletaria e fascista. Un piccolo incidente porterà le due famiglie a scontrarsi, lasciando emergere alcuni piccoli segreti.

Anno:2020
Regia:Pietro Castellitto
Attori:Massimo Popolizio, Manuela Mandracchia, Giorgio Montanini, Pietro Castellitto, Dario Cassini, Anita Caprioli, Marzia Ubaldi, Giulia Petrini, Liliana Fiorelli, Claudio Camilli, Nando Paone, Antonio Gerardi, Vinicio Marchioni
Paese:Italia
Durata:109 min
Distribuzione:01 Distribution
Sceneggiatura:Pietro Castellitto
Fotografia:Carlo Rinaldi
Montaggio:Gianluca Scarpa
Musiche:Niccolò Contessa
Produzione:Fandango e Rai Cinema
Recensione:
Data di uscita in Italia 🗓️: 22 ottobre 2020
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Voto: 8+/10
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Genere📽: Commedia
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Pro🔝: Predatori segna l’esordio alla regia di Pietro Castellitto. Un film audace che
ha stupito tutti alla settantasettesima mostra del cinema di Venezia (sezione
Orizzonti) vincendo il premio per la miglior sceneggiatura.
Le prime inquadrature sembrano citare Sergio Leone e l’incipit di C’era una
volta nel West per l’uso in sequenza di diversi piani lunghissimi su aree desolate
con in sottofondo il sibilo del vento. All’improvviso uno scoppio a cui non
segue una scena risolutrice ma solo un enigmatico primo piano. Già da questo
inizio si percepisce l’ambizione alla base di questa pellicola. Forse ci si potrebbe
aspettare un film intellettualoide in cui i dialoghi rimangono stringati, i
personaggi scompaiono per lasciare spazio alla vanità artistica del regista ma la
sorpresa, da questo punto di vista, è stata piacevole per tutti.
La storia racconta di due famiglie completamente agli antipodi nelle gerarchie
sociali e culturali: la prima è composta da un medico annoiato, una regista
affermata ed egocentrica e un figlio studente di filosofia con una particolare
ossessione per Nietzsche; la seconda è la famiglia di Claudio Vismara, un
armaiolo neofascista che educa il figlio all’uso delle armi. I destini di queste due
famiglie così diverse si intrecceranno a causa di un incidente che riguarda la
madre di Claudio.
La grande qualità di questo film è senza dubbio l’equilibrio che riesce a
raggiungere tra sperimentazione e tradizionalismo, complessità e linearità. Ad
esempio, se è vero che ci viene presentata una situazione iniziale, un evento che
la sconvolge e poi una risoluzione, come nella più classica delle narrazioni, è
anche vero che il tutto è reso più avvincente dall’intreccio dei piani temporali, o
meglio, dai frequenti cambi di punti di vista attraverso cui ci vengono mostrati
gli eventi. Questo sistema di pesi e contrappesi si mantiene anche a livello
tecnico: le inquadrature si alternano sapientemente tra primi piani così
ravvicinati da mostrarci solo mezzo volto, quasi a catturare la doppiezza dei
personaggi, e casi in cui la macchina torna indietro senza staccare per darci una
visione d’insieme; riprese più audaci si alternano ad alcune più semplici e dirette
ma mai banali.
Aldilà dei tecnicismi, una considerevole parte della forza di questo film sta nel
messaggio antropologico di cui si fa portatore fin dal titolo. La figura del
predatore, colui che per vivere si dedica alla disfatta altrui, è presente dall’inizio
alla fine in tutto il film ma tra sensi di colpa e cambi di rotta i predatori
sembrano avere due scelte: cedere questo ruolo per tentare una redenzione o
convivere con il peso delle proprie deviazioni. Tuttavia, Pietro Castellitto
rifugge da qualsiasi categorizzazione binaria per suggerire invece che tutti i
personaggi hanno bisogno di nutrirsi, chi di applausi, chi di feticci, chi di
denaro. Il tutto è alleggerito da alcuni momenti che sfiorano l’assurdo e il grottesco allo
stesso tempo e che non possono fare a meno di strappare un’amara risata allo
spettatore.
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Contro: Seppur ispirata e ottima per accompagnare il film, la colonna sonora
non riesce ad essere memorabile. Inoltre, alcuni momenti in cui il sommario
prende il sopravvento e alcuni nodi della trama non vengono esplicitati
potrebbero disorientare parte del pubblico.
Piccole minuzie che non scalfiscono la qualità di quest’opera prima di
Castellitto. Visto l’esordio, aspettiamo con ansia il suo prossimo lavoro dietro la
macchina.
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Recensione a cura di Matteo Angelica
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Grafica a cura di Giulia Federici
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