
I 400 colpi | Recensione
Primo lungometraggio di François Truffaut e film d'esordio per Jean-Pierre Leaud nei panni del dodicenne Antonie Doinel. A Parigi Antoine vive con la madre e il patrigno, che non si occupano molto di lui. Con l'amico René, Antoine marina spesso la scuola, si mette nei guai e finisce in riformatorio. Palma d'oro a Cannes nel 1959 per la migliore regia.

Genere:Drammatico
Anno:1959
Regia:François Truffaut
Attori:Jean-Pierre Léaud, Claire Maurier, Albert Rémy, Patrick Auffay, Georges Flamant, Yvonne Claudie, Robert Beauvais, Pierre Repp, Guy Decomble, Claude Mansard, Henri Virlojeux, Richard Kanayan, Jeanne Moreau, Jean-Claude Brialy, François Truffaut, Philippe de Broca, Jean Douchet, Jacques Monod, Jacques Demy, Daniel Couturier, Francois Nocher, Renaud Fontanarosa, Michel Girard, Henry Moati, Bernard Abbou, Jean-François Bergouignan, Michel Lesignor, Marius Laurey, Luc Andrieux, Bouchon
Paese:Francia
Durata:93 min
Distribuzione:Cineriz - Creazioni Home Video, L'Unità Video
Sceneggiatura:François Truffaut, Marcel Moussy
Fotografia:Henri Decaë, Jean Rabier
Montaggio:Marie-Josèphe Yoyotte
Musiche:Jean Constantin
Produzione:Les Films du Carrosse - S.E.D.I.F. Productions
Recensione:
Data di uscita in Italia 🗓️: 1959
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Voto: 9/10
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Genere📽: Drammatico
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Pro🔝: Al Festival di Cannes del 1959 vengono presentati Hiroshima mon amourm
e I quattrocento colpi di Franços Truffaut; da questa data ha inizio la rivoluzione
del cinema francese con la nouvelle vague. Il manifesto cinematografico sarà
proprio il film diretto da Truffaut.
In quegli anni la Francia stava vivendo un’intensa crisi economica per via
della logorante guerra in Algeria e il cinema aveva assunto il consolante ruolo di
idealizzare tutte le imperfezioni di quel periodo, nel tentativo di rinvigorire gli
animi e rifondare una morale nazionale. Il movimento portato avanti da I
quattrocento colpi si muove in direzione nettamente opposta: le difficoltà dei
francesi sono reali e il cinema ha il compito di rappresentarle rifiutando qualsiasi
compiaciuto ottimismo al fine di far emergere tutta l’inquietudine e il disagio di
quella generazione. Truffaut, in particolare, criticava aspramente il modello di
cinema costruito su grossi investimenti, poca sperimentazione e subalterna presa
a prestito da altre arti come la letteratura; il regista deve elevarsi dal ruolo di
«funzionario della macchina da presa» (Pirandello sarebbe stato d’accordo) e per
farlo bisogna rischiare e sperimentare. Truffaut rischiò in prima persona poiché,
come altri suoi colleghi, decise di autoprodursi rinunciando ai budget stellari
delle major. I quattrocento colpi venne girato allontanandosi dai teatri di posa
per scendere negli ambienti cittadini dei ceti meno abbienti, servendosi di
piccole troupes e attori esordienti, come il giovanissimo e talentuoso Jean-Pierre
Leaud, il protagonista Antoine Doinel. La sua storia ci mostra la difficoltà di un
ragazzino di dodici anni, tra una madre assente, un padre distratto e gli stenti che
lo costringono a dormire in un sacco a pelo. La scuola è una gabbia e cerca di
marinarla ogni volta che può girovagando tra i cinema di Parigi con l’amico
Renè. La gioventù è incompresa e cerca di trovare senso attraverso le monellerie
più varie, insieme tentativo di sfogo della propria interiorità e disperata richiesta
di aiuto. La ribellione di Antoine, ansioso di “fare il diavolo a quattro”
(traduzione dell’idiomatismo francese del titolo), è anche quella della nouvelle
vague e della macchina da presa di Truffaut che ha il pregio di saper oscillare tra
momenti documentaristici molto lineari e momenti in cui l’improvvisazione
rompe con efficacia gli schemi di ripresa classici. Una costante in questo
oscillare è la presenza fissa di Antoine nelle inquadrature, volta ad aumentare il
processo di identificazione personaggio-spettatore. Memorabili i piani sequenza
e i momenti di apertura, con il fascino della Torre Eiffel che svetta sopra la
povertà di Parigi e quello di chiusura, in cui il mare sembra essere una promessa
di futura libertà per il piccolo Antoine.
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Contro❌: trovare delle note negative capaci di compromettere la grandezza di
questo capolavoro è impresa ardua ma è anche vero che I quattrocento colpi,
oggi, purtroppo non è un film per tutti. Non perché il tema dell’infanzia
incompresa sia poco universale, anzi. Il problema risiede nei ritmi spesso
compassati e nell’assenza di effetti visivi che nel 1959 erano ancora impensabili
ma che oggi sembrano essere diventati il mezzo attraverso cui catturare
l’attenzione di uno spettatore che, nella maggior parte dei casi, va in sala
semplicemente per intrattenersi e non per riflettere. Che sia più un contro rivolto
alla fagocitante e cieca velocità dei nostri giorni invece? Può essere. Magari vale
la pena, però, fare un piccolo sforzo per tornare ad assaporare film di questo
genere, in grado di parlare di tutti noi, con una forza ancora maggiore oggi,
momento storico in cui il virus potrebbe aver rivelato all’uomo occidentale
quanta ricchezza possa rivelare la lentezza.

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Recensione a cura di Matteo Angelica
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Grafica a cura di Giulia Federici
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