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Close: la scoperta di un mondo spietato

Dopo aver diviso il pubblico con la sua opera prima “Girl” (2018), Lukas Dhont torna sul grande schermo con “Close”, presentato nel Concorso della scorsa edizione del Festival di Cannes, dove ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria, ed ora presente anche tra le candidature di miglior film straniero negli Oscar 2023 essendo di produzione belga.

Paese di produzione: Belgio, Francia, Paesi Bassi

Anno: 2022

Durata: 104 min

Regia: Lukas Dhont

Sceneggiatura: Lukas Dhont, Angelo Tijssens

Produttore: Michiel Dhont, Dirk Immens

Fotografia: Frank van den Eeden

Montaggio: Alain Dessauvage

Musiche: Valentin Hadjadj

Scenografia: Eve Matrin

Cast: Eden Dambrine, Gustav de Waele, Emilie Dequenne, Lea Drucker, Kevin Janssens, Marc Weiss, Igor van Dessel, Leon Bataille

Genere: drammatico


RECENSIONE


Dhont, uno dei giovani cineasti più promettenti del panorama europeo, porta in scena la storia di un’amicizia vissuta tutta d’un fiato tra due adolescenti di 13 anni. Da una parte Leo (Eden Dambrine), vive in una famiglia che vediamo quasi sempre al lavoro nella propria piantagione, dall’altra Remy (Gustav de Waele) il bambino più dolce, suona uno strumento, ha una complicità con la propria madre che denota il rapporto così intimo tra loro, tanto da inglobare con questi anche Leo stesso. I due corrono in mezzo ai campi della famiglia di Leo, viaggiano nella fantasia con i propri racconti, corrono in strade vuote simbolo di libertà con le proprie biciclette, dormono insieme, l’uno sopra all’altro, così da ricominciare nuovamente la giornata insieme. La stanza di Remy, dalle pareti rosse, che il regista ha affermato volessero significare l’intimità del loro rapporto, sembrerebbe una perfetta bolla dove rinchiudersi, raccontarsi i propri segreti e fantasticare su quello che sarebbero diventati, sempre uniti, sempre insieme, una vita all’unisono.

Lo sguardo dello spettatore sessualizza i due, ma forse è proprio questo l’intento del regista. Infatti il film e i personaggi stessi vivono una forte rottura nel momento in cui i due ragazzi iniziano una nuova scuola e dopo pochissimo tempo gli viene chiesto se stessero insieme. Tutta l’intensità nelle loro azioni, nei loro attimi insieme scompare; il più dolce dei due, Remy, prova a riparare quella fratellanza da cui Leo si stava allontanando, forse per paura del giudizio degli altri, forse perché altrimenti non sarebbe stato accettato come amico nell’ambiente scolastico…

Leo prova addirittura nuovi passatempi pur di dimenticare l’altro, frequenta nuovi gruppi di amici, ma Remy è sempre lì, pronto a tendergli la mano, fino a quando non vi è la svolta vera e propria del film, un colpo di scena di impatto emotivo non da poco conto.

Se Leo fino a quel momento aveva indossato una maglia bianca, simbolo di innocenza, purezza, infantilità ora lo vediamo mettere addosso vestiti sporchi, giallastri. Se nella prima parte di film il sole splendeva sui fiori nei campi, incessante pioggia e forti ombre copriranno questi ultimi. Se la fotografia, curata magistralmente da Frank van den Eeden, per la prima metà propone una luce così densa, che assorbe i personaggi con colori come il rosso, l’arancione, finirà per diventare una luce più cupa, a volte anche assente.

Eppure questo cambio di prospettiva del film, anche dal punto di vista tecnico e scenico, non perde di vista una delle cose più belle del film: gli sguardi dei personaggi in assenza di dialogo. Determinate scene, una in particolare, ci mostra come delle volte non serva aggiungere null’altro al “semplice” sguardo tra due personaggi. In questo film questa cosa riesce incredibilmente, gli occhi lucidi di un personaggio che prova a portare lo spettatore con sé, anche tramite close-up, nel mostrargli le sue emozioni, i lunghi silenzi fatti di una meravigliosa complicità tra i vari personaggi, i respiri affannati, l’eco del bosco, lo sfogo che non sfocia mai in monologhi da strappalacrime, bensì se la lacrima scende è proprio grazie ai confronti visivi che ci offrono gli attori, sono tutti elementi che creano un pathos a tratti straziante.

La pellicola, dunque, ci mostra come nel mondo d’oggi può bastare anche una semplice frase a far cadere una fratellanza, come i pregiudizi, il “fuori dalla massa” opprimono, schiacciano coloro che sono puramente delle persone dolci, dall’animo sensibile. Dhont riesce perfettamente ad incastrare queste cose, all’inizio facendo dubitare anche lo spettatore sul loro rapporto e poi riportandolo al ricordo dei due giovani spensierati e con tanta tenerezza da condividere l’un l’altro.

E’ un film delicato, che ci riporta quasi indietro nel tempo, ci mostra il passaggio dalla giovane età, quella delle estati spensierate, alla presa di coscienza, a volte così rapida e indolore, altre indelebile.





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