Barbie | Recensione del film di Greta Gerwig
Barbie, che vive a Barbie Land, inizia a notare preoccupanti cambiamenti, decide così di partire per il Mondo Reale in cerca di risposte.

Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito
Anno: 2023
Durata: 114 min
Genere: commedia, fantastico, avventura, sentimentale
Sceneggiatura: Greta Gerwig, Noah Baumbach
Produttore: David Heyman, Margot Robbie, Tom Ackerley, Robbie Brenner
Distribuzione in italiano: Warner Bros.
Costumi: Jacqueline Durran
Cast: Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Kate McKinnon, Issa Rae, Rhea Perlaman, Hari Nef, Emma Mackey, Micheal Cera, John Cena, Simu Liu, Scott Evans, Dua Lipa, Will Farrell.
Recensione
Accade qualcosa di magico quando, per la prima volta, una bambina conosce la sua barbie: un colpo di fulmine, e niente sarà più come prima.
Succede poi, qualche anno più tardi, che ci insegnano a odiare le bambole perchè sono da bambinette, da femminucce e qualcosa nel nostro cervello spinge proprio a un vero e proprio disgusto nei confronti delle barbie della nostra infanzia, si diventa grandi (o si fa finta di esserlo) nel momento in cui le spogliamo e le lasciamo giù in cantina a puzzare di naftalina e muffa.
Greta Gerwig, invece, decide di mettere in scena un terzo atto della difficile convivenza donna \ barbie, quello in cui sei effettivamente adulta e cerchi ancora di capire bene come funziona il mondo. Un mondo che - ahimè - non è tutto rosa e di plastica, ma che piuttosto sembra sempre ostile nei nostri confronti, in cui non tutti i vestiti ci calzano alla perfezione e i piedi non sono arcati, pronti per i tacchi a spillo, ma piuttosto piatti e ben piantati per terra… La peggiore delle cose è accaduta: il mondo ha perso il rosa e ha tolto alle bambine la possibilità di essere chiunque esse vogliano, di farle indossare qualsiasi cosa vogliano, senza temere giudizi, o peggio.

Barbie, il film, ci fa quindi rivivere la nostra infanzia, ma lo fa nel modo più curato possibile: dalla scenografia da sogno ai costumi e al make up così azzeccati da far brillare gli occhi di chiunque si trovi davanti allo schermo.
Barbie, il film e il personaggio, però non è solo plastica viva e un bel reparto visivo, ma riesce a portare nella pellicola - con un’ironia e autoironia spiazzante - la grande contraddizione dell’esser barbie e essere al contempo un’icona femminista. Perchè sì, Barbie è un film femminista, che si tratti di un femminismo generalista e semplicistico nessuno lo mette in dubbio, ma va sottolineata l’importanza di avere sullo schermo un certo tipo di messaggio e, soprattutto, che sia una donna a farlo, con un budget per altro stratosferico, e che sta incassando tantissimo.
Margot Robbie, che fino a qualche anno fa faceva il broncio a Brad Pitt che l’aveva definita “un po’ Barbie” in un’intervista per Once Upon Time in Hollywood, veste orgogliosamente i panni della bambola più famosa al mondo, ricoprendo anche l’importantissimo ruolo di produttrice. Sensazionale anche Ryan Gosling, nella performance della sua carriera, in cui nei panni di un Ken perennemente confuso e un po’ tonto, sembra essere a proprio agio.
Tutto questo però l’avevamo già potuto dedurre dall'incredibile lavoro di marketing che nell'ultimo mese ha spopolato praticamente ovunque. La vera sorpresa è America Ferrera - che i più riconosceranno come la Ugly Betty dello scorso decennio - che incarna la perfetta mediatrice il mondo reale e il mondo di barbie, e che incornicia la sua performance con un commovente monologo che richiama tanto quello di Jo March in Piccole Donne (sempre diretto dalla Gerwig) che incominciava con un esasperato: “sono così stanca”.

La pellicola continua così il suo intreccio tra la semplicità complessa della penna di Gerwig e Baumbach, tra un pinkwashing e un fuck the patriarchy, tra una scarpa col tacco e una birkenstock.
L’oggettiva bellezza del film ovviamente non cancella - e non vuole farlo, anzi quasi lo esaspera - la natura di Barbie: ciò quello di essere un oggetto destinato alla vendita, un prodotto, ma le dona qualcosa di al contempo bellissimo e spaventoso: l’esser viva, le dona l’ansia e l’errore, la fa diventare donna.
Dopo tutto siamo sì figlie del capitalismo, ma ricordiamoci anche che, oggi più che mai, siamo figlie di Barbie.